La figura e la personalità di Virginia Oldoini: la donna che, convincendo Napoleone III a entrare in guerra contro l’Austria insieme al Regno di Sardegna, ha contribuito all’unificazione e all’indipendenza dell’Italia. Il ritratto della donna più affascinante e misteriosa del Risorgimento italiano.
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Virginia Oldoini Verasis (1837-1899) nasce a Firenze il 23 marzo del 1837, figlia della marchesa Isabella Lamporecchi di Firenze e del marchese Filippo Oldoini di La Spezia, cugini di primo grado. Battezzata nell’Oratorio di San Giovanni, le vengono imposti i tradizionali sette nomi, come in uso nell’aristocrazia: Virginia, Elisabetta, Luisa, Carlotta, Antonietta, Teresa e Maria. In giovanissima età in seguito a una crisi mistica entra in convento dalle Orsoline, ma il suo ritiro è breve.
Bellissima, intelligente, di carattere brillante e di gusti molto raffinati, all’età di diciassette anni sposa il conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d’Asti e Castiglione Tinella, più anziano di lei di dodici anni. Il matrimonio segna un punto di svolta. Trasferitasi infatti a Torino, nel palazzo dei Castiglione che fiancheggia la residenza del conte Camillo Benso di Cavour, la bella Virginia compie un rapido avvicinamento alla vita di corte di Vittorio Emanuele II.
La sua bellezza si evidenzia anche grazie all’inimitabile gusto per gli abiti originali e audaci. Non c’è ricevimento né evento mondano al quale non venga invitata. Iniziano quindi i dissapori coniugali. Virginia è troppo bella e soprattutto troppo indipendente e concede i suoi favori a molte persone importanti tra cui i fratelli Doria, il banchiere Rotschild, Cavour, Costantino Nigra, ambasciatore sabaudo in Francia, e lo stesso Vittorio Emanuele II. Presto la situazione diventa insostenibile e, anche per salvarsi dall’ingente mole di debiti da lei contratti, il marito chiede la separazione. Dalla breve unione nasce un figlio, Giorgio Verasis Asinari, erede del titolo, che morirà a soli 24 anni.
Intanto la Storia incalza: il Piemonte, sconfitto dagli austriaci nel 1849, si sta preparando per la rivincita. Il compito viene affidato a Cavour, primo ministro di Vittorio Emanuele II.
Il grande statista crede che per riuscire nella difficile impresa il Piemonte debba procurarsi un alleato potente come la Francia di Napoleone III. Cavour invia dunque a Parigi il suo fedelissimo Costantino Nigra per spianare la strada alle trattative. Tuttavia riconoscendo le doti della cugina, considerando la sua intraprendenza, la sua ambizione e l’indiscutibile fascino, le propone una “missione” a Parigi con il compito di favorire l’alleanza fra Napoleone III e il Piemonte, da cui la nota esortazione: “Cercate di riuscire, cara cugina, con il mezzo che più vi sembra adatto, ma riuscite!”. La strategia di Cavour fa da corollario a tutta una serie di iniziative politico-diplomatiche condotte per anni: un lungo corteggiamento compiuto da lui stesso per indurre l’imperatore dei francesi a sostenere la causa italiana contro l’Austria.
Arrivata a Parigi pienamente consapevole del valore politico della propria impresa, la Oldoini viene affidata a Costantino Nigra con il compito di farne una spia. Virginia, che conosce quattro lingue, impara un codice cifrato che utilizza nella corrispondenza con il governo del Piemonte. Entra subito in società partecipando a feste e spettacoli, indossando gioielli preziosissimi e vestiti tanto audaci quanto inconsueti. Ha numerosi flirt dei quali annota tutti i particolari sul suo Journal. Questo diario è redatto dalla contessa in maniera decisamente astuta, con il chiaro intento di far risaltare esclusivamente le sue doti: infatti non è mai riportato alcun episodio che possa metterla in qualche modo in cattiva luce o che faccia notare i suoi difetti.
Durante le occasioni mondane emerge con chiarezza la sua naturale disinvoltura nei rapporti sociali, soprattutto nei confronti degli uomini. Il suo rapporto con le donne è invece scandito dal motto: “Le eguaglio per nascita. Le supero per bellezza. Le giudico per ingegno.” Ed ancora: “Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non mi importa, non ci tengo a piacere a tutti”.
Ed è così che, tra intrighi amorosi e manovre politiche, destreggiandosi tra la diplomazia e l’alcova, seduce Napoleone III il quale, convinto da Cavour che un eventuale vittoria di Mazzini avrebbe risvegliato i rivoluzionari repubblicani francesi, invita il primo ministro piemontese a un incontro a Plombières il 20 luglio 1858. È qui che l’imperatore francese si impegna formalmente ad appoggiare militarmente il Piemonte in caso di aggressione austriaca.
Ma dopo appena un anno la stella di Virginia comincia ad affievolirsi. Si narra che Eugenia, moglie di Napoleone III, fervente cattolica, abbia fatto organizzare dalla polizia un finto attentato ai danni del consorte, facendo ricadere su di lei ogni sospetto. Ciò la costringe a rientrare in patria.
Nel 1859 incontra l’imperatore in visita in Italia: la sua richiesta di ritornare in Francia è accolta, ma le è consigliato di evitare la corte. Virginia nel frattempo ha accumulato molti debiti sia per la sua vita dispendiosa sia per la causa di divorzio avviata dal marito.
Il suo ritorno in Francia, alla disperata ricerca di un passato ormai lontano, coincide con la disfatta di Sedan (2 settembre 1870, Napoleone III è costretto a capitolare di fronte all’esercito prussiano) e con la caduta della monarchia francese (4 settembre 1870).
Dopo aver brillato dell’eleganza più sfrenata, tra balli e amanti, e aver conosciuto i fasti e i trionfi della mondanità e della propria influenza, Virginia Oldoini finisce i suoi giorni come una romantica eroina: sola, malinconica, nostalgica ed inconsolabile per il fascino perduto. E come un’eroina decadente farà coprire gli specchi del suo appartamento parigino con un velo nero, affinché non riflettano la sua bellezza svanita, chiudendosi in un voluto eremitaggio.
Infine, il 28 novembre del 1899 muore nella sua casa. Chiede di essere sepolta a La Spezia, senza funzione religiosa né fiori, e senza che venga data alcuna notizia alla stampa. Avrà invece una regolare funzione religiosa. Subito dopo la sua morte la polizia, le autorità e i servizi segreti sequestreranno prontamente tutte le lettere e i documenti a lei inviati dalle massime personalità del tempo con le quali era entrata in contatto: re, politici, banchieri. Protocolli, carte e documenti mai più rinvenuti.
Le sue disposizioni non sono state eseguite poiché il testamento è venuto alla luce dopo la sua sepoltura avvenuta a Parigi, nel cimitero di Père Lachaise dove ancora oggi riposa, e dove la contessa di Castiglione è considerata un intramontabile esempio di classe ed eleganza.