SERIE TV




IL RITORNO DI ROCCO SCHIAVONE.

L'EROE BURBERO DELLA TELEVISIONE ITALIANA.

 

Ci siamo. Rocco Schiavone dunque è tornato sugli schermi della televisione italiana. La popolare fiction tv, giunta alla sesta stagione, interpretata da un ottimo, anzi da un eccellente e ancor più convincente Marco Giallini, com’è ampiamente noto, continua infatti ad appassionare un sempre più vasto e diversificato pubblico.

Le ragioni del boom di ascolti sono tante e tutte interessanti, come interessanti sono i romanzi di Antonio Manzini, editi da Sellerio, da cui vengono tratti gli episodi in trasposizione televisiva.

Una bella penna, quella di Manzini. La storia prende, cattura - o meglio ha già catturato - tutta l’attenzione che merita.

Sì, perché in tempi di narrazione spesso svuotata di elementi che riescano a suscitare o smuovere reali e sentite riflessioni in coloro che si pongono all’ascolto, la serie tv che racconta le disavventure del vice-questore più burbero della fiction italiana presenta al contrario spunti e angoli di osservazione niente affatto trascurabili.

Ma facciamo un passo - o anche due - indietro e ricominciamo dall’inizio.

Eh già, perché il protagonista della serie, il vice-questore Rocco Schiavone - come certamente ricorderete - si trova al profondo nord, precisamente in quel di Aosta, dopo essere stato trasferito - gioco forza ed in tempi rapidi - dalla Capitale, dove ha vissuto praticamente da sempre.

Uno stacco di vita, di ambiente, di ritmi, di aria, di sole, di umidità e di umanità decisamente traumatico per un trasteverino doc! 

La tragica scomparsa della moglie Marina - interpretata dall’affascinante e bravissima Isabella Ragonese -, uccisa durante un agguato teso a Rocco, è il lei-motiv delle considerazioni interiori, dei tormenti ricorrenti che affliggono, facendogli in realtà quasi compagnia, i giorni, e le notti insonni, di Schiavone.

Il loro dialogo, le risposte che egli cerca, e che spesso trova, rivolgendosi idealmente all’unica donna che ha veramente amato, segnano il passo della narrazione; un passo scandito da un’incalzante e struggente colonna sonora, che ben si lega con l’impeccabile e spettacolare gestione della fotografia, sia nelle riprese degli interni che in quelle degli esterni.

Una solitudine, quella di Rocco Schiavone, che trapela e trasuda da ogni poro, che sfocia talvolta in ipocondria e talvolta in aggressività, ma mai in cattiveria.

Il nostro eroe infatti è un eroe buono, dal buon cuore, che sente dentro di sé il dovere morale di mettere le cose a posto, comunque, di incastrare perfettamente i tasselli dei puzzle che si trova di volta in volta ad affrontare - spesso complicati e incomprensibili - per raggiungere la verità, anche quella più nascosta, perfino quella più sordida e crudele.

La sua vena scorbutica, cinica, solitaria e accentratrice non gli impedisce tuttavia di trovare la chiave per interagire con i suoi collaboratori e i suoi superiori in maniera, come dire, positiva, sintetica e soprattutto pragmatica.

Il raggiungimento del risultato finale, nonostante comporti inevitabilmente “rotture di scatole”, per usare un eufemismo, di vari “livelli” - lui, come sapete, è molto più dialettalmente e ironicamente esplicito! - è tutto ciò che conta.

E l’intuizione - dote necessaria che Schiavone sente scivolare tra le dita come un giocoliere professionista - lo rende invincibile, attento, veloce, strategico: in una parola, vincente.

Ecco, egli è un eroe triste, depresso per la vita che deve vivere - una vita esattamente all’opposto dell’esistenza che desidererebbe avere - ma, pur sempre, un vincente.

Un eroe pulito e sincero, riservato e schivo, che non ama apparire in alcun modo, ma che può avvalersi della fedeltà e della stima di un gruppo di lavoro sui generis, nonché dell’amicizia di un vicino di casa, con non pochi problemi familiari, il giovane Gabriele - di cui Rocco si prenderà cura - che lo aiuta nell’uso del computer e nel portare a spasso, all’occorrenza, la sua amata cagnolina, dall’emblematico nome Lupa!

Ma la solitudine non passa ugualmente.

I ricordi continuano a perseguitare quasi ossessivamente il nostro eroe che, fra una sigaretta e l’altra, si trascina dentro il suo loden e le sue clark tra le strade di un’Aosta fredda ed innevata, per poi chiudersi nel suo appartamento, alla ricerca di un calore che non gli basterà mai.

Si sa, quando si è soli lo si è ovunque, perché la solitudine è in noi e ci insegue, nostro malgrado, dovunque andiamo.

Quella solitudine che il Terzo millennio, il tempo della cosiddetta società liquida preconizzata dal grande filosofo Zygmunt Bauman (1925-2017), amplifica nel tentativo - vano - di attenuarla attraverso la realtà virtuale.

Ma l’uomo ha bisogno di realtà, non di virtualità, ha bisogno di provare sentimenti veri, di toccare l’oggetto del proprio amore, di sentirsi parte di un tutto, di occupare un posto ben definito in questo mondo.

E anche Schiavone vorrebbe ritrovare il proprio posto nel mondo, nella società; quel posto, quell’angolo di realtà che il destino gli ha portato via, forse per sempre.

Quale sarà il suo futuro non possiamo saperlo, possiamo solo immaginarlo.

Esso è racchiuso nella mente e nella penna dell’autore, e lui soltanto può deciderne le sorti, i percorsi, le ripide salite e le pericolose discese.

A noi pertanto non resta che attendere che la verità prenda forma, che i punti oscuri vengano illuminati, per capire e conoscere fino in fondo il passato, il presente e il futuro di Rocco Schiavone: ritratto di un eroe moderno, un eroe dei nostri tempi, un eroe del quotidiano. 



IMMA TATARANNI - SOSTITUTO PROCURATORE

 

“Imma Tartaranni - Sostituto Procuratore”, la fiction, già campione di ascolti, giunta alla quarta stagione, è tornata brillantemente in onda.

Una serialità che fin da subito ha rappresentato un bell’esempio di macchina attoriale declinata e coniugata con grande professionalità alla promozione di una terra, la Basilicata, ma soprattutto di una città, Matera, come è noto, Capitale Europea della Cultura nel 2019. 

Matera, la città dei sassi, patrimonio mondiale dell’Unesco e patrimonio culturale tout court, ricca di straordinarie peculiarità che la connotano storicamente.

Colori e paesaggi che ispirano, oggi come in passato, tanta narrazione di vario genere, dalla letteratura alla narrativa, dal giallo al noir.

È questo il caso della fiction in oggetto, di cui è protagonista l’ottima Vanessa Scalera - una pugliese doc - che interpreta con carattere e conoscenza dei tempi espositivi il suo personaggio, un Sostituto Procuratore della Repubblica davvero speciale.

Forte, decisa, incorruttibile, tutta d’un pezzo, intransigente e grande lavoratrice, Imma Tataranni vive con furore la sua passione per la professione che esercita senza esitazioni, sullo sfondo di un nucleo familiare - composto dal marito, dalla figlia adolescente, dalla suocera, e da sua madre - non semplicissimo e talvolta non proprio al centro delle sue attenzioni.

Sognatrice e romantica di natura, nutre una particolare sensibilità per il giovane Maresciallo con cui collabora quotidianamente; una predilezione inizialmente platonica, che alimenta in lei fantasie e tanta immaginazione.

Questo anche perché la durezza e l’efferatezza che deve affrontare ogni giorno nell’esercizio delle sue delicate funzioni, richiede senz’altro un terapeutico svago mentale per uscire dalla pesante routine a cui non può e non vuole sottrarsi.

Eccellente il cast che la circonda, da Cesare Boccia a Carlo Buccirosso, solo per citare i più noti al grande pubblico.

Ma è lei e soltanto lei il luminoso pianeta intorno al quale ruotano svariate stelle e costellazioni.

Definita, forse azzardando un po’ - ma neanche troppo in fondo - il Commissario Montalbano al femminile, la Tataranni incarna tuttavia qualità e doti espressive che esaltano i punti di forza di questo personaggio che è immediatamente entrato con semplicità e schiettezza nelle case dei telespettatori registrando, da quanto si apprende, interessanti picchi di ascolto.

Il ritmo recitativo e del montaggio è incalzante, e il piglio che la Tataranni assume rende frizzante, divertente ed energetico anche il contorno, fatto di persone e personaggi a volte indispensabili e a volte sfumati dal rullo compressore, un vero Caterpillar, che questa donna magistrato guida e conduce sapientemente senza bisogno di un secondo pilota!

Una trama, quella della serie, liberamente ispirata dai romanzi di Mariolina Venezia, che scorre veloce sul filo della pura investigazione alternata ad un’altrettanto pura comicità ed ironia, ingredienti ben amalgamati con il corpo centrale del racconto.

Un mix armonizzato grazie ai tanti talenti presenti sul set, a dimostrazione che la buona fiction ha bisogno sempre di buoni interpreti!

E Vanessa Scalera ha le carte in regola per offrire qualità e pregio interpretativo al suo personaggio.

Un personaggio ben tracciato, netto nelle inclinazioni e nelle intenzioni, che dietro una scorza dura e coriacea nasconde un cuore tenero e nostalgico.

Insomma, sono tanti gli ingredienti di questa avventura televisiva di nuovo in onda. Ingredienti freschi e di stagione, che fanno assaporare e pregustare un percorso narrativo di lunga serialità.      



MISS MARPLE

 

Correva l’anno 1930 quando la raffinata penna di Agatha Christie creava il personaggio di Miss Marple, facendolo apparire per la prima volta nel romanzo “La morte del villaggio”. Personaggio che in seguito diverrà la protagonista indiscussa di dodici romanzi e ben venti racconti. Racconti e romanzi che hanno ispirato l’omonima avvincente serie televisiva, attualmente e nuovamente in onda sul digitale terrestre.    

Miss Jane Marple dunque: una “vecchina” apparentemente, molto “apparentemente”, fragile e tranquilla, del tutto “innocua”, che risiede nell’altrettanto in “apparenza” tranquillo e sereno paesino di St. Mary Mead, località nella quale altresì avvengono e si susseguono delitti e misteri, matasse difficili da sbrogliare, ma non per lei!

Lei che oltre ad essere un talento della criminologia tout court ha accumulato, in tanti anni di onorata attività investigativa, una conoscenza profonda e ramificata dei meandri psicologici, e dei relativi risvolti, della mente e della natura umana in generale, lato sensu quindi.

Certo, vederla curare le piante del suo amato giardino o sferruzzare con i suoi ferri la maglia di fronte al caminetto acceso durante le sere invernali farebbe presagire tutt’altro. Ma no, non fatevi ingannare dalle apparenze, per l’appunto, perché in realtà l’abilità analitica e l’ironia insita nel suo straordinario carattere la fanno assurgere al primissimi posti della classifica dei più acuti e capaci detectives provenienti dalle pagine dei migliori romanzi di genere giallo.

La sua furbizia, corroborata da una intelligenza molto al di sopra della media, le ha infatti favorito e sviluppato un autentico sesto senso, fatto di intuito, osservazione e deduzione.

Ma Miss Marple non è sempre all’opera, per così dire. Quando è al riposo dal risolvere casi scottanti e omicidi inquietanti, ama rilassarsi preparando dolci squisiti e prendendo il classico british tea in compagnia delle sue più care amiche, o dedicandosi, come già accennato, al giardinaggio - rivolgendo però sempre l’occhio con curiosità a quanto le scorre intorno - o facendo birdwatching, un’altra delle sue grandi passioni.

Miss Marple non si è mai coniugata, e le vite degli altri, e soprattutto i lati misteriosi di quest’ultime, costituiscono, anche per questo motivo, un nutrimento che integra il suo desiderio di interagire con la comunità in cui vive.

Oggi lo chiamiamo gossip, a quei tempi veniva definito pettegolezzo, ma comunque la sostanza non cambia; le dicerie, i sentito dire, le mezze verità e chi più ne ha più ne metta, sono il pane quotidiano dell’humus tipico della provincia al centro della narrazione. Fatti e misfatti, di oggi e di ieri, che animano le chiacchiere del villaggio, e che nutrono e accrescono le invidie e le maldicenze della gente. Vecchi vizi del vivere in comune - “maxima poenitenzia”, come recitavano gli antichi monaci -, pieghe degli animi pressoché ataviche, potremmo dire, che nonostante il passare del tempo, mutatis mutandis, sembra non si siano niente affatto affievolite.  

Ed è così che l’anziana Miss Marple - anziana forse anagraficamente, ma non di certo per quanto riguarda lo spirito assai vivace e l’intelletto - con i suoi occhi azzurri e i suoi rassicuranti capelli bianchi, aggrottando le sopracciglia, stimolando l’elevato acume che la contraddistingue, si cala step by step negli intricati dilemmi che trova lungo la sua strada, facendosi luce, come un moderno Diogene, alla ricerca della verità dei fatti.

Con i suoi abiti spesso scuri, le sue cuffiette, i suoi guanti e i suoi pizzi d’epoca, Miss Marple arriva dovunque serva per fare chiarezza, per dipanare le nebbie, per scovare il movente e il correlato colpevole, coinvolgendo sovente nelle sue pirotecniche indagini il nipote Raymond West, di professione scrittore, e la sua consorte, entrambi ogni volta increduli dell’infallibilità delle teorie elaborate dall’adorabile “vecchina”, per usare evidentemente un eufemismo.

Tutto questo, e molto altro ancora, è ciò che Miss Marple, il personaggio inventato dalla geniale scrittrice Agatha Christie racchiude in sé. 



PADRE BROWN

Le avventure di un prete davvero speciale!

 

Una Serie Tv targata BBC, 11 Stagioni all’attivo, campione di ascolti in numerosi paesi in tutto il mondo. Mi riferisco evidentemente alla serie televisiva che porta il noto titolo di “Padre Brown”, in produzione dal 2013, ispirata e tratta dai romanzi di G. K. Chesterton e interpretata dall’ottimo Mark Williams, attualmente in onda sul digitale terrestre. Potete riassaporare il clima e l’atmosfera tipicamente inglese che ne contraddistingue la narrazione, anche ri-vedendo molti degli episodi delle stagioni precedenti. Certamente da non perdere.

La vena investigativa di questo straordinario prete cattolico, parroco della Chiesa di St. Mary, nella immaginaria contea di Kembleford, non smette infatti di sorprendere il pubblico con i suoi copi di genio che lo portano immancabilmente a scoprire la verità dei fatti e misfatti che avvengono sul suo territorio. Misteri, delitti efferati, giochi di potere locale, vecchie ruggini di provincia, denaro e eredità da spartire, e chi più ne ha più ne metta, agitano le apparentemente tranquille acque della contea, e Padre Brown, in sella alla sua fedele bicicletta, arriva dovunque, e sempre al momento giusto, irritando non poco le indagini della polizia, e soprattutto l’Ispettore, che di serie in serie, ne è a capo.

Un vero prezzemolo, come si suol dire, il caro Padre Brown, che oltre ad avere fiuto da vendere conosce profondamente l’animo umano, in tutte le sue pieghe, anche le più piccole, e per questo riesce di volta in volta a decifrare e ricomporre lo scenario che ha portato a commettere il crimine di turno. Una capacità di analisi e di sintesi, quella di Padre Brown, che nulla ha da invidiare ai migliori criminologi sulla piazza.

La sua canonica è un luogo di pace e di comunione: la governante/cuoca/segretaria tutto fare, la Signora McCarthy, è davvero preziosa e insostituibile. Gli amici veri che ruotano intorno alla vita di Padre Brown divengono poi anch’essi assistenti e sostenitori delle sue indagini; così la nobile Lady Felicia, e la sua intrepida nipote Bunty, per non parlare di Syd Carter, ex malandrino che Padre Brown contribuisce a redimere e che diviene addirittura l’autista di Lady Felicia. Un personaggio simpatico ed effervescente, Syd,  che con la sua esperienza negli ambienti criminali rappresenta spesso l’asso nella manica che permette a Padre Brown di accelerare l’esito delle sue brillanti intuizioni.

Siamo negli anni Cinquanta, e l’ambientazione è curata nei minimi particolari. Idem per la fotografia, le musiche e i doppiaggi. Una produzione di pregio, impreziosita dal minutaggio veloce e ritmato degli episodi - circa 48 minuti a episodio - che aiuta a mantenere viva ed alta la curva di attenzione dei telespettatori. Un ottimo escamotage narrativo, tutt’affatto usuale nel panorama delle lunghe serialità in tv.

Uomo colto e raffinato, Padre Brown, che tuttavia senza incutere soggezione riesce ad indurre in riflessione quanti si trovano ad incrociare il suo cammino. Insospettabilmente atletico e scattante, nonostante la stazza e l’età non più giovanile, questo prete sui generis si lancia senza indugi alla scoperta della verità, usando a proprio favore la sua mente fresca ed allenata a comprendere e tradurre i più nascosti rebus mentali e psicologici del genere umano.

Lo scopo finale? La redenzione, chiaramente. Cos’altro sennò?

La liberazione dai fardelli che opprimono le anime dei colpevoli, non di rado vittime si se stessi; lo svuotamento dei calici colmi di rabbia e rancori; invidie e frustrazioni che possono scatenare un terremoto interiore, devastante e distruttivo; la prospettiva altresì possibile di una luce in fondo al tunnel, di una possibilità di salvezza, di purezza, di redenzione dunque, è la cura che Padre Brown dispensa del tutto gratuitamente ai suoi, diciamo così, assistiti. Una chance, una seconda opportunità, quella che non andrebbe negata a nessuno.

Discernere l’innocenza dalla colpevolezza, capire dove passa quel filo sottile che separa la volontà dall’istinto di sopravvivenza, riavvolgere la matassa che ha causato il reato, il crimine, il delitto, e così via.

Questo, e molto altro ancora è in grado di fare l’intrepido Padre Brown, rischiando personalmente, e molto, ma sempre protetto dalla forza più grande e onnipresente, quella della fede. 



VERA

 

La penna della scrittrice inglese Ann Cleeves - autrice dei romanzi da cui è tratta la serie “Shetland” - com’è noto ha firmato, e continua a farlo, i romanzi che ispirano un’altra serie tv di successo: “Vera”. Due ottime ed avvincenti narrazioni attualmente in onda sul digitale terrestre.

Vera Stanhope: questo il nome completo dell’ispettrice capo - interpretata dalla eccellente attrice britannica Blenda Blethyn - che, nell’immaginaria ambientazione di Northumberland & City Police, affiancata da due “pazienti” sergenti, indaga H 24 per far emergere le più nascoste e recondite verità dei fatti che avvengono, praticamente senza soluzione di continuità, nel territorio da lei controllato.

“Pazienti” vanno definiti  i sergenti di cui sopra perché Vera manifesta ad ogni piè sospinto un carattere decisamente ostico e scontroso. La sua irascibilità è proverbiale, ma compensata da uno spiccato intuito e dalla dedizione totale alla professione.

Vera è una signora non più giovanissima - si avvicina anzi per lei il momento di pensare seriemente alla pensione - ma ciò non intacca minimamente la sua capacità di spaccare in quattro il capello e di analizzare fino allo strenuo ogni più piccola ipotesi utile a raggiungere l’obiettivo prioritario: la verità.

Il suo perfezionismo rasenta l’ossessione, ma diventa vieppiù necessario a fare chiarezza nella congerie che di volta in volta lei, e la sua squadra, sono chiamati a decifrare nel tentativo, sempre centrato in pieno, di ricomporre il vincente puzzle investigativo.

Vera è spesso tormentata dal suo passato, familiare e personale - d’altronde in fondo chi non lo è! -. Un tormento interiore che si palesa nel suo aspetto caratterizzato da un abbigliamento molto spesso trasandato e spartano.

Tuttavia i suoi calcoli sono precisi al millimetro, la sua razionalità addirittura rassicurante, e il risultato garantito. La soluzione del caso in questione.

Il doppiaggio, come è - o dovrebbe essere - d’uopo -, calza alla perfezione l’umore ballerino della protagonista, e sottolinea con dovizia di particolari i vari passaggi narrativi disegnando con nettezza gli stati d’animo di una donna estremamente intelligente e capace, in continua lotta però anche con se stessa.

“Vera” dunque: 13 stagioni - realizzate dal 2011 - di una serie tv da vedere e rivedere. 



SHETLAND

Le isole del mistero

 

Una colonna sonora dolce e malinconica, fatta di cornamuse ed echi storici dell’antica tradizione vichinga. Una fotografia a dir poco emozionante, con luci e sfumature che assomigliano all’infinito. Inquadrature mozzafiato che fanno sognare e desiderare di raggiungere quei luoghi in cui la riflessione e l’introspezione sembrano essere i protagonisti principali.

Ma in realtà l’unico vero e validissimo protagonista della serie crime di grande successo “Shetland” - 8 stagioni tratte dai romanzi della scrittrice scozzese Ann Cleeves, realizzate a partire dal 2013, nuovamente in onda sul digitale terrestre in questo autunno/inverno 2024 - è il detective Jimmy Perez - il pluripremiato attore Douglas Henshall -, chi altri?

Un bel personaggio, amatissimo dal pubblico e dalla critica, che, avvolto dal dolore della perdita della moglie, trasferitosi per questo drammatico motivo da Glasgow nella terra di origine, l’arcipelago scozzese delle isole Shetland, nel gelido Mare del Nord, per l’appunto, conduce con serietà, concentrazione e tanta umanità le più svariate indagini legate ad efferati e talvolta particolarmente misteriosi casi e delitti che avvengono o che sono avvenuti nello specifico ambito britannico. 

 Uno spicchio di terra speciale, in cui la luce del giorno può brillare per 24 ore così come il buio può permeare per mesi lo scorrere del ritmo quotidiano.

Eh già, il tempo atmosferico come fattore storico, che notoriamente incide, e non di poco, sulle abitudini e, tout court, sul modus vivendi dei suoi abitanti.

Un perno centrale quello del tempo, del colore, della luce, che conduce lo spettatore, prendendolo per mano, nei meandri misteriosi delle vicende che nelle Shetland si susseguono senza soluzione di continuità, mettendo continuamente alla prova il detective Perez, talvolta ancora sorpreso dall’influenza del clima isolano sugli uomini.

Un uomo attento, estremamente responsabile e presente a se stesso, Perez deve anche gestire una figlia adolescente ai blocchi di partenza della sua giovane e luminosa vita, piena di entusiasmi e di domande, come è giusto che sia a quell’età.      

Ma lui è solo, i suoi genitori, anziani ma non troppo, vivono sulla terra ferma, e nonostante la presenza/assenza sia spesso colmata da piacevoli visite reciproche - tuttavia pur sempre poche - egli è, e rimane, l’unico artefice del proprio destino e soprattutto l’unico profondo conoscitore dei propri turbamenti personali ed affettivi.

Una vita non semplice, quella del detective Jimmy Perez. Il destino non è stato tenero con lui, e la sospettosa chiusura degli abitanti del luogo, retaggio anch’esso delle asperità morfologiche del territorio, rendono assai spesso complesse e coniugate le già intricate indagini che di volta in volta gli si presentano di fronte. 

 Antichi segreti appartenenti alle comunità preesistenti, che però a volte tendono a fondersi con fatti recenti, dando vita ad interessanti quanto illuminanti feedback in grado di fare luce, risolvere e scoprire improvvisamente l’arcano, sbloccando vecchie chiusure, lato sensu, contribuendo in maniera sostanziale al raggiungimento della verità dei fatti.

Sullo sfondo dunque di un paesaggio pressoché selvatico ed incontaminato, i crimini ed i misteri ad essi correlati tendono gradualmente a dipanarsi nel corso delle singole avvincenti puntate, senza mai trascurare, e di certo non è un morso facile!, alcuni aspetti addirittura romantici, o comunque dei riflessi di carattere sentimentale, che avvalorano lo spettacolo della natura circostante, coprotagonista assoluto di ogni singolo episodio. 

Eh sì, in questo caso stare davanti al teleschermo equivale quasi - ma sottolineo evidentemente quasi - a leggere uno dei testi ai quali sono ispirati e dai quali sono tratti gli episodi in trasposizione televisiva. Un caso raro si serialità per il piccolo schermo in cui l’alta qualità della scrittura trova nell’adattamento televisivo tutt’altro che un fratello minore.

Storia, fascino antico, archeologia, mistero, ambientazione, luce, musiche, inquadrature, nonché eccellenti doppiaggi, rappresentano pertanto gli ingredienti principali di questo prodotto raffinato e di indiscutibile spessore; un prodotto televisivo che con grande piacere possiamo riguastare - a partire dalla 1° stagione - sul digitale terrestre. Quindi, buona visione. 



LA SIGNORA IN GIALLO

 

Le 12 stagioni di “Murder, She Wrote” - questo il titolo originale della serie tv “La Signora in Giallo” - contano ben 264 episodi, andati in onda in America, sulla CBS, dal 1984 al 2003.

Le repliche non sono mai mancate, sui più svariati canali televisivi, in chiaro e sul digitale terrestre, e sono ancora all’ordine del giorno.

 “La Signora in Giallo” - straordinariamente interpretata dalla grande ed eclettica attrice britannica naturalizzata statunitense Angela Lansbury (1925-2022) -, si è infatti rivelata nel corso del tempo un classico dei classici nell’ambito della narrazione poliziesca/ investigativa - crime, come viene tecnicamente definita oggi - ottenendo evidentemente un clamoroso successo mondiale di pubblico e di critica; successo che non si è mai affievolito, arrivando fino ai nostri giorni intatto e brillante come tanti anni fa, decine di anni fa, rendendo la serie sempre appetibile e di un fascino intramontabile.

Jessica Fletcher, questa deliziosa insegnante di inglese in pensione, vedova, amante dei viaggi, che nutre nella maturità un’autentica passione per la scrittura, divenendo per giunta un’autrice di eccellenti best seller - una donna ironica, eccentrica e curiosa, residente nell’immaginario centro abitato costiero di Cabot Cove, nel Maine -, si trova assai spesso a collaborare con la polizia locale per risolvere intricati e misteriosi delitti che avvengono per l’appunto sul territorio di Cabot Cove, un paese apparentemente tranquillo, dove al contrario si verificano casi decisamente complessi e coniugati! 

L’astuzia della Fletcher è proverbiale, il suo stile di vita impostato all’insegna della semplicità, dell’amore per gli amici di una vita e della forma fisica e mentale. Una lucidità, quella della Fletcher, che la pone, quasi suo malgrado, in pole position nella risoluzione delle più delicate indagini, che segue con attenzione ed intuito, sorprendendo regolarmente gli attoniti rappresentanti delle forze dell’ordine, rassegnati oramai all’idea che lei, la Signora in Giallo, abbia più o meno sempre ragione! Anzi, in molti casi, alcuni di essi le chiedono direttamente aiuto, certi che le sue capacità siano ben al di sopra della media investigativa. Da notare inoltre che Jessica Fletcher vanta anche prestigiose amicizie a livello internazionale con alti Commissari di Polizia, da Scotland Yard a New York.

È un portento la dotata Fletcher, e non si ferma davanti a niente e nessuno.

Tra le pieghe della sua vita quotidiana appare all’improvviso un caso nuovo o irrisolto in cui tuffarsi a capofitto, rischiando di suo, per giunta, ma senza perdere mai il controllo della situazione.

Che donna la Signora in Giallo! La verità dei fatti non è mai facile, e non risiede di certo nella opzione più semplice e scontata.

Solo attraverso escamotage narrativi, illuminazioni e domande a trabocchetto la nostra protagonista chiuderà il cerchio delle indagini consegnando i colpevoli alla giustizia.

Il doppiaggio è semplicemente perfetto, le calza a pennello, e la colonna sonora un vivace marchio di fabbrica, difficilmente oscurabile. Il ritmo non stanca e non passa di moda, oggi come allora, e il minutaggio, di circa 45 minuti ad episodio, favorisce un’agevole fruizione dal parte del telespettatore. Tutti elementi che fanno di questa lunga serialità targata Stati Uniti un piacevole ritorno al passato televisivo, che passato non è affatto.    



L'ISPETTORE BARNABY

Barnaby: una serie Tv al passo coi tempi. 

 

Alzi la mano chi di voi non ha mai visto un episodio dell’avvincente serie Tv targata Regno Unito dal semplice ed asciutto titolo “L’Ispettore Barnaby”!

Una serie che al suo attivo conta 24 Stagioni!  

Come immaginavo: la conoscete bene tutti, ovunque voi siate. Ma certo, le intriganti indagini, ambientate in una immaginaria contea inglese, dirette dall’intuitivo ed esperto Ispettore Barnaby, incollano davanti al teleschermo da oltre vent’anni un folto pubblico, e questo vale anche per quanto riguarda le immancabili - la cosiddetta utilità ripetuta - repliche trasmesse e ri-trasmesse in varie fasce orarie.

Il perché di tanto successo è l’interrogativo che vogliamo porci in questa sede.

L’Ispettore Barnaby dunque: quando la lunga serialità è vincente!

Credo che i motivi siano molteplici, e parlo evidentemente soprattutto da semplice fruitore di un prodotto televisivo che spesso e volentieri continua a “salvare” molte, prime e seconde, noiose serate televisive, garantendo l’innalzarsi della assopita curva di attenzione dello spettatore medio, alla perenne ricerca di spunti nuovi e motivi per rimanere in piedi fino a tardi!

Cosa che con la serie tv britannica in questione può tranquillamente avvenire senza indugi. Gli intrecci narrativi ideati con maestria e dovizia di particolari da parte degli ottimi sceneggiatori mantengono sempre un elevato standard qualitativo, contribuendo alla scoperta e conoscenza delle infinite tradizioni ed usanze locali. 

Le ambientazioni sono infatti uno straordinario punto di forza della felice serie tv, che ci porta per mano nella vita quotidiana della o delle, perché i fatti avvengono in vari ma adiacenti territori, contee in oggetto, conducendoci, con grande uso dei dettagli, sulla soglia di misteri nuovi ed antichi, vicende legate a doppio filo con la storia locale e con le vite dei suoi abitanti. Il tutto all’insegna di malcelati rancori che animano i sordidi sentimenti di vendetta, latenti e sempre pronti a riaccendersi in un baleno.

Eh già, quelle dicerie, vere o supposte, che serpeggiano nelle viscere delle comunità, sono il pane quotidiano che il tenace Ispettore Barnaby deve digerire ogni santo giorno, affiancato dalla sua efficiente squadra, e sostenuto dalla propria famiglia, sana ed affettuosa, nonostante la difficile vita condotta dal marito/padre.

I quadri di vita domestica, con la moglie alle prese con le tante attività ricreative e di volontariato solitamente vissute sul territorio, e la figlia artista in fieri nel campo teatrale, rappresentano senza dubbio una parentesi, uno spaccato sufficientemente sereno che compensa le frenetiche investigazioni H24 in cui è immerso l’infaticabile Ispettore.    

Anzi, non è raro che proprio dalla famiglia arrivino suggerimenti o supplementi di informazioni utili alla risoluzione di un caso, uno dei tanti da risolvere. 

Un capitolo a parte è quello dedicato agli assistenti dell’Ispettore, dei quali lui si fa mentore a 360 gradi, formandoli giorno dopo giorno alle maggiori responsabilità che dovranno affrontare in futuro, salendo di grado. Così come il simpatico rapporto con il cugino - anch’egli Ispettore - che prenderà il suo posto nel momento in cui il più noto Barnaby deciderà di andare in pensione.

Sì, bella figura quella del cugino Barnaby: intelligente ed intuitivo anch’esso, con un surplus di bagaglio culturale dovuto alla sua preparazione universitaria in psicologia. Eccellente!

Anche lui circondato da una bella famiglia, composta dalla moglie, impegnata insegnante di Storia locale, e da una dolcissima bambina, senza dimenticare il travolgente cagnolino al centro di molte esilaranti gag.

Come dimenticare poi la delicata attività dei medici legali, un classico delle moderne serie in giallo.

 Eh sì, perché riuscire a mantenere alto il livello dello humor inglese di fronte a cadaveri in condizioni raccapriccianti o nel bel mezzo di una delle autopsie di rito non è impresa facile! Ma la produzione della serie ha fatto centro anche in questo aspetto. Ed è così che pure quei passaggi divengono “passabili”, o meglio guardabili, anche nelle ore dei pasti!

L’inevitabile mutamento dei tempi inoltre, dovuto agli oltre vent’anni che separano il primo episodio dall’ultima stagione realizzata, fungono da valore aggiunto, fotografando i cambiamenti sociali, appunto, intervenuti nell’arco temporale compreso, restituendoci in tal modo un interessante quadro sociologico a cavallo tra il Secondo e il Terzo millennio.

Ma ciò che sicuramente non cambierà mai nel corso degli anni è la passione e l’autentico amore manifestato dalle varie comunità per le rievocazioni storiche, le tradizioni e gli usi appartenenti al passato. Un passato che viene considerato, a ragione, un patrimonio culturale da tutelare e trasmettere alle nuove generazioni. Con le dovute attualizzazioni del caso. Nel senso che i muovi mezzi di comunicazione di massa possono implementare e a volte migliorare la diffusione e la divulgazione del suddetto patrimonio.

E allora, ecco che l’Ispettore Barbaby assurge a modello da seguire e declinare a livello internazionale. Il suo è pertanto un format di successo che può servire da ottimo volano per sviluppare e creare narrazioni caratterizzate dallo spessore contenutistico, ponendo l’accento sulla storia e le tradizioni delle popolazioni locali.

Un osservatorio, quello della più nota serie televisiva britannica, umano e sociale che ha dato il là a variegate riflessioni sui modi del vivere in comune e sui principali nodi che connotano la nostra società post contemporanea. Un laboratorio di sensazioni e sentimenti a disposizione del suo affezionato pubblico, che da così tanti anni segue fedelmente le avventure del proprio Ispettore preferito: l’Ispettore Barnaby! 



CHERIF

 Due Capitani coraggiosi! 

 

Eh già, un Capitano non basta! Nella brillante serie televisiva francese, campione di ascolti dalla prima alla sesta serie - arriverà mai una settima? ce lo auguriamo! -, sono due i protagonisti assoluti: il Capitano Kader Cherif, appunto, e il Capitano Adeline Briard. Una coppia straordinaria quanto dissimile nel carattere e nel metodo di lavoro.

Differenze che si trasmettono inevitabilmente nel loro modus vivendi ed operandi. Differenze di formazione e di origine.

Certo, le circostanze e l’educazione: il binomio artefice del destino di ognuno di noi.

Una serie Tv sui generis, Cherif, amatissima dal pubblico e ricca di particolari che la rendono diversa dalle altre. 

Partiamo dall’ambientazione. È girata interamente a Lione, e la fotografia è curata nei minimi dettagli. La colonna sonora è di grande impatto emozionale: pezzi da favola degli anni ’70 e ’80 - Aretha Franklin in testa! -.

Non a caso, infatti, il Capitano Cherif è un quarantenne cresciuto nel mito dei telefilm polizieschi degli anni della sua infanzia/adolescenza - da Attenti a quei due a Starsky e Hucth - e lo dimostra con tutta una “serie” di rimandi: dalla suoneria del telefono ai gadget che riempiono la sua scrivania all’auto d’epoca - una Peugeot 504 coupé - con la quale sfreccia veloce per le strade di Lione.

Beh, certamente è lui il personaggio principale, ironico e carismatico, dinoccolato e simpatico, che abita proprio di fronte al Commissariato.

Una soluzione abitativa che la dice lunga sul grado di affezione con il suo lavoro, praticamente sovrapposto alla sua stessa esistenza. Divorziato da una bella avvocatessa - Deborah - che incrocia spesso in ufficio per motivi professionali, è padre di una ragazzina intelligente e sensibile - Sarah - che vive con lui, in custodia congiunta con la ex moglie.

Sua madre è un altro pezzo forte della narrazione. Apprensiva quanto basta, presente nei momenti importanti, cuoca provetta che prepara regolarmente contenitori di pietanza fatte a mano, pronte per il pranzo e la cena del suo Kader!

Una famiglia, quella del Capitano Cherif, di origini marocchine - il padre è sempre stata una figura presente/assente a corrente alterna, per motivi paradossalmente correlati alla giustizia - con un forte legame con le proprie tradizioni, anche culinarie!

E poi c’è Adeline! Eh sì, il Capitano Adeline Briard è l’altra faccia della medaglia nel tessuto della sceneggiatura della serie. 

Una donna affascinante, riservata, scontrosa e ligia alle regole e ai regolamenti, praticamente all’opposto di Kader Cherif, che ama improvvisare seguendo le sue intuizioni ispirate all’immenso archivio che ha in mente, quello delle tante serie televisive da cui attinge spunti e analogie: un originale ed entusiasmante escamotage narrativo! Adeline, dicevamo. 

La figlia del Capo della Polizia giudiziaria di Parigi, una figlia d’arte preparata e presente a se stessa, che però porta dentro di se un fardello: il grande dolore della morte del fratello, suicida, in circostanze poco chiare, che la spinge al trasferimento in quel di Lione.

Due caratteri diametralmente opposti che però sul campo si rivelano complementari e adatti a formare una duo invincibile! Un duo stimato moltissimo dal Commissario capo, che, conoscendo Kader fin da bambino, vedrebbe bene un’unione tra i due anche nella vita. Ma la questione non è un morso facile!

La loro relazione nel tempo si trasformerà in amore, ma le difficoltà e i fantasmi del passato di Adeline non permetteranno loro di sviluppare appieno le potenzialità di un rapporto di coppia vero e proprio. Ma mai dire mai!

Adeline partirà per il Canada, non prima di aver tentato di chiarire con il suo ex fidanzato - Comandante dei Vigili del Fuoco - fatti e situazioni legate a doppio filo alla scomparsa del fratello, e nel corso della serie il suo posto in Commissariato verrà preso da un’altra donna molto interessante e capace, felicemente sposata e madre di due bambini, il Capitano Roxane Le Goff, che dopo una iniziale diffidenza nei confronti dei metodi poco ortodossi di Cherif, ne diventerà grande amica e sostenitrice.

Ma certo, Cherif esprime un fascino tutto suo, da cane sciolto, da lupo solitario che fiuta la pista da seguire con enorme sensibilità, e che con il suo grande cuore riesce ogni volta a stupire i vari interlocutori.

Va detto che è circondato da una squadra eccezionale, affiatata, vincente ed esilarante, che pur di rimanere unita mette da parte ogni personalismo carrieristico.

Un bell’esempio di condivisione di ideali e di quotidianità.

I casi che il Commissariato deve seguire sono spesso efferati, e lo stesso Cherif subisce la inquietante persecuzione dell’agente Christelle, ricoverata in reparto psichiatrico per l’ossessione amorosa nutrita nei suoi confronti, ossessione che causerà incidenti, morti e feriti. Un caso scottante che investirà tutto il Commissariato, con colpi di scena e suspense da giallo/noir.

Ma poi, quasi per magia, grazie alle musiche, agli ammiccamenti di Cherif e ai panorami mozzafiato della stupenda Lione, l’atmosfera torna serena, e il ritmo della narrazione riporta allegria negli animi dei telespettatori, concentrati e assorbiti dal susseguirsi incessante degli eventi.

Insomma, Cherif: una fiction che è più di una fiction, una serie che vorremmo non finisse mai, della quale gustiamo con piacere anche le repliche ri-trasmesse sul digitale terrestre, nella speranza della messa in onda di nuovi episodi. Buona visione a tutti! 



COLOMBO 

Il Tenente più amato della Tv

 

Frank Colombo: è questo il nome completo del tenente più famoso del piccolo schermo! Sì, perché lui, il protagonista della amatissima e sempre verde serie Tv, interpretata dall’impareggiabile Peter Falk, attualmente di nuovo in onda sul digitale terrestre, è sempre stato per tutti Colombo e basta! Il nome è infatti raramente citato, ma è Frank, e forse sono in pochi coloro che lo ricordano.

Correva l’anno 1968, esattamente il 20 di febbraio, quando avveniva la prima messa in onda di quello che sarebbe diventato un telefilm “cult”, da milioni e milioni di telespettatori nel mondo. Uno sceneggiato giallo poliziesco, “Il Tenente Colombo”, appunto, prodotto dal 1968 al 2003, 11 stagioni per un totale di 69 episodi, nato dalle penne dei suoi due brillanti autori, gli scrittori Richard Levinson e William Kink.

Tuttavia Colombo senza Peter Falk non esiste proprio! Eh già, perché le connotazioni, i tratti principali, e anche quelli secondari, che caratterizzano in ogni aspetto il personaggio Colombo si devono esclusivamente all’intuito e alla creatività dell’attore statunitense, scomparso il 23 giugno del 2011, all’età di 84 anni.

Dalla scelta dell’inconfondibile look, impermeabile stropicciato e aria evidentemente trascurata, alla sua autovettura “di servizio” decisamente d’epoca, e altrettanto malmessa, la mitica Peugeot 403 cabrio del 1959.

Particolari non trascurabili che altresì la dicono lunga circa la genesi di un personaggio che, al di là delle apparenze, che, come si sa, spesso ingannano, arriverà puntualmente ed immancabilmente alla verità dei fatti con un piglio e una abilità che non conoscono pari.

E che dire, inoltre, della figura della eterna moglie, che aleggia in ogni episodio, ma che mai si è rivelata fisicamente ai sempre più incuriositi telespettatori? Un escamotage perfetto, una trovata eccezionale, quella di far comunicare via telefono il nostro caro Colombo con sua moglie per i più svariati motivi, senza mai svelarne né il nome tantomeno le fattezze - eccetto, se non erro, una fotografia apparsa di sfuggita in un episodio con un passaggio girato nella casa del tenente -. E però ciò che emerge è il bellissimo rapporto di coppia tra i due - a volte vengono citati anche degli ipotetici bambini, ma quali e quanti non è dato sapere -. L’unico membro della famiglia Colombo noto al pubblico è il simpaticissimo “cane” - lui lo chiama così nonostante i consigli su eventuali nomi tipici quali Fido o Bobby, elargitigli simpaticamente dal suo veterinario di fiducia -, compagno fedele, e goloso soprattutto di gelati, del Tenente più amato della Tv!

E quindi, a ben 56 anni dal primo episodio, l’appeal della serie non ha perso un frame! Ma certo, in quanto oggi come allora è enorme il gusto nell’assaporarne gli incipit, la struttura narrativa, i tempi, il ritmo, i doppiaggi impeccabili, le musiche, la fotografia, per non parlare del cast, ricco di attori di primissimo livello e di altrettanti registi, provenienti, e destinati, sia gli uni che gli altri, da e vs grandi e nuovi progetti.

Insomma, questo investigatore sui generis della Polizia di Los Angeles, dalle inequivocabili origini italiane, ha lasciato un segno indelebile nella lunga serialità televisiva, riscuotendo com’è noto, successo di pubblico e di critica, premi e riconoscimenti più che meritati, per l’innovazione e la fantasia declinate e coniugate con sapiente maestria cinematografica da tutti gli addetti ai lavori, nessuno escluso. Un prodotto televisivo di altissima qualità, Colombo, che non a caso resiste al tempo non accusando minimamente il peso degli anni, che lo ricordiamo ancora una volta, sono già arrivati a quota 56!

La testardaggine, la costanza e la perseveranza delle sue indagini, condotte e dirette goccia goccia, senza mai perdere il controllo generale della situazione, qualunque sia l’ambiente nel quale egli si trovi gioco forza ad indagare, la curiosità e l’ostinazione con cui non smette mai e poi mai di rivolgere la famosissima “ultima domandina”, quella che fa regolarmente uscire dai gangheri il sospettato di turno, mentre magari lui, Colombo, assonnato e affamato, tira fuori dal suo impermeabile magico vari generi alimentari, sono tutti “ingredienti” che ben amalgamati condiscono il successo intramontabile di questa coinvolgente serie televisiva.

Il sigaro, anzi il mozzicone di sigaro, sempre in bocca, e la tazza di caffè in mano, fanno il resto!

Che personaggio “Il Tenente Colombo”, e che attore strepitoso Peter Falk!