Renato Fucini
Ripercorriamo la vita e le opere di Renato Fucini (1843-1921): il ritratto di un "toscano vero”.
Il III Municipio di Roma gli ha dedicato una via nel cuore del quartiere Talenti.
Figlio di David Fucini, un medico condotto dedito alla cura delle febbri malariche, e di Giovanna Nardi, Renato nacque a Monterotondo, presso Massa Marittima, in provincia di Grosseto, l'8 aprile del 1843.
Visse a Campiglia fino al 1849; successivamente, avendo il padre perduto il posto di lavoro, fu costretto a seguire la famiglia che si trasferì prima a Livorno, poi ad Empoli ed infine a Dianella, nelle vicinanze della stessa Empoli.
Dopo aver abbandonato la facoltà di Medicina, si laureò in Agraria presso l'Università di Pisa. Lavorò dunque per il comune di Firenze, allora Capitale d’Italia, come assistente ai lavori di ingegneria, e fu proprio a Firenze che nel 1872 pubblicò “Cento sonetti in vernacolo pisano”, con cui da tempo divertiva le compagnie di amici che amava frequentare.
Ottenne quindi un posto come insegnante, iniziando in seguito la carriera di ispettore scolastico, che si concluderà con la carica di Provveditore agli studi, rifiutata però dallo scrittore.
Nel 1877, assieme al meridionalista Giustino Fortunato, fece un viaggio a Napoli che gli fornì il materiale per scrivere “Lettere ad un amico”, titolo poi mutato in “Napoli ad occhio nudo”.
Nei sonetti il Fucini fingeva di essere Neri Tanfucio, che di mestiere faceva il muratore, e si firmò con questo nome.
Fucini si divertiva molto ad interpretare anche nella vita reale il personaggio del toscano arguto e cordiale, e quando negli anni successivi cominciò a scrivere novelle firmò spesso anche queste con l'anagramma di Neri Tanfucio. Tanto che perfino la raccolta dei suoi migliori racconti fu da lui intitolata “Le veglie di Neri”, pubblicata una prima volta nel 1882 presso Barbera di Firenze, con il titolo “Paesi e figure della campagna toscana”, e successivamente nel 1884 con il titolo attuale.
In essa confluirono tutti i racconti che dal 1877 al 1881 erano apparsi sulla Rassegna settimanale, una rivista diretta da Sidney Sonnino, ad eccezione di “Dolci ricordi”, pubblicato su La domenica del Fracassa il 16 gennaio 1885, e di “Scampagnata”, composto appositamente per l’edizione completa.
L'amore per la caccia e il suo lavoro di ispettore scolastico gli permisero di frequentare e di conoscere profondamente la campagna toscana e i suoi abitanti, che ritraeva nei suoi racconti, in cui quasi sempre traspare un certo pessimismo nei confronti degli ambiziosi progetti di riforma sociale del periodo. Progetti che si scontravano continuamente con i pochi mezzi a disposizione e la scarsa conoscenza delle situazioni locali da parte degli “uomini del Risorgimento”.
Fucini fu il primo cultore del "bozzetto", ossia del breve racconto che ritrae realisticamente uno squarcio di vita vissuta; proprio per questo la sua arte fu più volte accostata a quella dei pittori impressionisti e dei macchiaioli toscani Signorini e Fattori.
Dopo aver lavorato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze dal 1901 al 1907, trascorse i suoi ultimi anni di vita tra Castiglioncello e Dianella. Nel 1916 venne eletto socio dell’Accademia della Crusca. Morì a Empoli il 25 febbraio del 1921, all’età di 78 anni.