L’Italia del dopoguerra
Il ritratto di una generazione che ha proiettato l’Italia dalle macerie dell’immediato dopoguerra al sogno del boom economico. Il racconto degli anni che Zavattini, De Sica e Rossellini tradurranno in cinema come “pedinamento della realtà” e che Luigi Einaudi chiamerà “della grande speranza”.
Dal referendum del 2 giugno 1946 alle elezioni di due anni dopo - 18 aprile ’48 - l’Italia fa una doppia scelta di fondo: instaura la Repubblica e si lega all’Occidente. È la stagione di un’Italia vitale per la forza con cui accelera il passo costruendo il proprio futuro e di un’Italia conservatrice, che partecipa in piazza ai grandi slanci collettivi ma finisce poi per arroccarsi in casa a difesa dei valori tradizionali.
È un’Italia che, tra mille dolori e le colonne crollate della romanità di cartapesta, scopre di non essere popolata di balilla e di camicie nere con il pugnale tra i denti ma di “sciuscià”, di “ladri di biciclette”, di barboni che attendono “il miracolo a Milano”, di contadini affamati di terra, di mondine trasportate nelle risaie su carri bestiame, di milioni di analfabeti. Esce prepotente il Paese reale con i suoi bisogni e le sue esigenze spicciole quotidiane. Un Paese che ricomincia da capo e per cui l’unico investimento possibile è in “speranza”. Ricostruzione è la parola magica di questi primi scampoli di pace. Gli italiani si proiettano verso il domani, scommettono sul futuro.
E la ricostruzione si farà in pochi anni, e su poche basi: gli aiuti americani, gli investimenti pubblici e privati, la rivoluzione tecnologica, l’apertura dei mercati, la qualità e lo spirito degli imprenditori e dei lavoratori.
Eccone, in rapida sintesi, alcune tappe fondamentali: tutte all’insegna di dinamismo, organizzazione, entusiasmo e attivismo.
1945, Eden Fumagalli fonda la Candy. 1946, nascono la Ferrari e la Vespa con il rombo e il ronzio dei loro motori, entra in produzione il giacimento di metano di Caviago, il primo rilevante in Italia, riapre la Fiera di Milano: si compera e si vende di tutto. 1947, nasce la Lambretta, l’Arona-Domodossola è la prima linea ferroviaria elettrificata del dopoguerra, a Venezia riapre la Mostra del cinema, il 5 maggio decolla il primo volo Alitalia con un Fiat G 12 residuato di guerra, che porta 18 passeggeri da Torino a Roma in due ore e per 7 mila lire l’uno. 1948, a Torino si inaugura il Salone esposizioni, il 23 maggio parte il primo volo intercontinentale Alitalia da Milano a Buenos Aires, come dice la pubblicità “dalla Val Padana alla Pampa”. 1949, nasce il piano Ina Casa per la costruzione di case popolari, diventa operativo a Piacenza il ponte ferroviario e stradale di 720 metri sul Po, si inaugura la diga di Santa Giustina sul Noce nel bacino dell’Adige, che, con i suoi 152 metri, è la più alta d’Europa. 1950, è pronta a Roma la stazione Termini. Con il progetto approvato nel 1948, è inaugurata a tempo di record.
Grandi uomini e grandi fatti segnano questo periodo storico. Una raffica di novità e di emozioni: la Costituzione che entra in vigore, le elezioni, la nomina di Einaudi a capo dello Stato, l’attentato a Togliatti, le vittorie di Bartali al Tour e di Consolini alle Olimpiadi, la morte di Varzi e di Tenni, il delitto Bellentani, il processo Graziani. I personaggi del momento sono De Gasperi, Nenni, Saragat, Scelba, Di Vittorio, Pio XII, padre Lombardi, Colò, Zavattini, De Sica, Rossellini, Visconti, la Magnani, la Bosé, Nilla Pizzi. Talenti della politica, dello sport, dello spettacolo.
Mosaico di tessere del tempo andato, l’Italia del dopoguerra è un po’ di tutto questo. Un periodo magico: delicato come il viso di Lucia Bosè, forte come la pedalata di Gino Bartali, immenso come Fausto Coppi, sofferente come l’animo di Anna Magnani, povero di denaro e ricco di cuore come i personaggi di Vittorio De Sica.
Gli anni Quaranta dunque si chiudono portando via nomi, fatti e ricordi: via le bombe, la guerra, la fame, via il 1945 con i suoi mitra e il boogie-woogie, via i primi passi euforici ma stentati dell’Italia dell’immediato dopoguerra. La ricostruzione è alle spalle, comincia la crescita. Il Paese è in marcia, la miseria fa parte del passato, anche se il benessere è ancora lontano.
Ci affacciamo sugli anni Cinquanta: l’impressione è che il peggio sia ormai superato e che l’Italia abbia ancora tante cose da dire. Il Paese si normalizza spinto dal desiderio di tranquillità e di ordine della gente.
Gli italiani lavorano a un ritmo che impressiona l’Europa. Il reddito nazionale passa da 6.189 miliardi nel 1947 a 9.906 nel 1951. La grande inflazione è un ricordo. L’industria e la finanza si rafforzano. La Borsa, dopo un periodo oscuro, è in ripresa e assiste agli scontri tra Giulio Brusadelli e Giulio Riva: due “self-made men” che segnano un’epoca, imitati da molti.
Il Paese comincia a sognare. E sogna anche attraverso i rotocalchi, con le loro favole, con i re sbattuti in prima pagina, con i personaggi positivi, baciati dalla fortuna, con i quali, nell’illusione, identificarsi. C’è voglia di divertirsi, di distrarsi, di lavorare e poi, la domenica, di pensare ad altro. La gente vuole vivere quieta, pretende un futuro senza traumi e senza sussulti.
Rumoreggiano gli elettrodomestici mobilitati contro il Grande Sporco, impazza la TV nuova ipnosi degli italiani - Lascia o raddoppia? è un evento liberatorio collettivo - Supercortemaggiore è la potente benzina italiana, la gita di fine settimana si fa sulla Seicento comprata a rate, i bambini fanno festa con le liquirizie a nastri, i garzoni in bicicletta fischiettano le canzoni del festival di Sanremo.
Sono i cosiddetti “anni della fortuna”. Il miracolo economico, il boom edilizio e il primo consumismo incalzano: Carosello, la Giulietta Sprint, la seconda casa, le cambiali. Sono cambiati il ritmo dei giorni, l’aspetto delle strade, il ruolo della donna, la faccia della gente.
L’Italia, dopo aver tanto subito e sofferto, ora “tira” e decolla sulle note di Volare. La lira è tra le monete più forti. Roma diventa la capitale del mondo e via Veneto la sua passerella.
I “magnifici” anni Sessanta bussano alla porta. Tra poco morirà Fausto Coppi, ucciso da una maledetta zanzara, le Olimpiadi trionferanno nel settembre romano del 1960, Anita Ekberg “fellineggerà” splendida, vitale e sensuale, al fianco di Marcello Mastroianni, ne “La dolce vita”.