IL FATTO


 [di Alessandro Quinti]



[La marcia dei Quarantamila

   

 

Una vittoria per la Fiat, una sconfitta per il sindacato. Luci e ombre del sistema economico italiano negli anni ’80. Una riflessione in chiave diacronica.

 

  

Nel corso degli anni ’80 - com'è noto - si ha un profondo mutamento nella cultura politica del nostro Paese. L’estremismo di sinistra è emarginato. Il marxismo ufficiale comunista si trova anch’esso in una crisi sempre più profonda. Il PSI, pur con vari ondeggiamenti, cerca un’intesa tra valori sociali e riconoscimento del ruolo positivo dell’innovazione capitalistica, tra liberalismo e socialismo. Significativa di questo clima è altresì la crisi delle organizzazioni sindacali, e in primo luogo delle ideologie classistiche.

Il 14 ottobre del 1980, in occasione di un acuto conflitto di lavoro alla FIAT, appoggiato fortemente dal PCI - il cui segretario Enrico Berlinguer afferma che il partito è pronto a sostenere un’eventuale occupazione dello stabilimento da parte degli operai - una “marcia” a Torino di circa quarantamila persone, diretta contro la politica sindacale e comunista, è il segno del tramonto del “sinistrismo” classistico. Si tratta della fine simbolica dell’epoca apertasi con il “sessantottismo” e l’ “autunno caldo”. Un ulteriore e grave scacco per il PCI è costituito dalla sconfitta nel giugno del 1985 al referendum, promosso dallo stesso PCI, sulla riduzione degli scatti previsti dalla scala mobile. La riduzione ha l’effetto di rallentare il meccanismo di adeguamento dei salari al costo della vita e quindi di abbassare il tasso di inflazione.

Durante gli anni ’80, in corrispondenza con i fenomeni propri di tutto il mondo sviluppato, anche in Italia cresce il settore “terziario”, vale a dire il settore, dalle varie articolazioni, che comprende quei “servizi” - settori amministrativi, formazione dell’istruzione, settori dell’informazione, della ricerca scientifica e tecnologica, ecc - i quali costituiscono il largo presupposto e contesto della produzione industriale. Il “terziario” cresce al punto da diventare il primo per numero di addetti.

Verso la fine degli ’80 il sistema economico italiano, alla vigilia della completa integrazione economica dell’Europa comunitaria, si presenta dunque in modo da rendere ben visibili “luci” e “ombre”. In termini complessivi l’Italia si colloca tra i maggiori paesi industriali del mondo, tanto che nel 1986 sale al rango di quinta potenza economica, superando il Regno Unito e avvicinandosi alla Francia. Nel 1990 un gruppo industriale come la FIAT, che nel 1986 acquista dall’IRI l’Alfa Romeo, conquistando una posizione di monopolio nel settore automobilistico, occupa le prime posizioni nell’Europa occidentale. Un altro indice importante è che, nonostante i sempre più alti consumi, l’Italia mantiene anche un tasso molto elevato di risparmio.

In sintesi, le “luci” del sistema economico italiano possono essere ricondotte a due elementi principali: il fatto che nel corso degli anni ’80 l’industria italiana riconosce un notevole livello di investimenti e di rinnovamento tecnologico e che il tessuto produttivo si allarga ulteriormente nel nord e nel centro, con zone espansive anche nel sud. Ma le “ombre” sono molte, e di peso tale da porre al Paese seri problemi di fronte all’integrazione europea e alla competizione internazionale.   

Mutatis mutandis, sembra quasi di raccontare il presente…al netto della delicata vicenda "Green Pass".

Frutto dei corsi e ricorsi della nostra Storia nazionale?  

Meditate gente, meditate...