Il dirottamento dell’ “Achille Lauro”
Mar Mediterraneo, lunedì 7 ottobre 1985 ore 13: quattro terroristi palestinesi, armati fino ai denti, prendono d’assalto la nave da crociera italiana “Achille Lauro”. Sono combattenti dell’FLP, una frangia estrema dell’OLP, e chiedono la liberazione di 50 loro compagni detenuti in Israele.
A distanza di oltre trentacinque anni, ripercorriamo la cronaca della più grave crisi diplomatica del dopoguerra tra Italia e USA.
Un commando dell’FLP, composto da quattro elementi - tra cui un minorenne - imbarcatisi a Genova con passaporti falsi, alle 13 del 7 ottobre 1985 irrompe nella sala pranzo del transatlantico italiano “Achille Lauro”, iniziando a sparare in aria e ferendo nella confusione un marinaio.
Al momento del dirottamento a bordo ci sono 320 membri dell’equipaggio, guidati dal comandante Gerardo De Rosa, e 107 passeggeri: gli altri 670 sono sbarcati per una visita guidata al Cairo.
L’obiettivo iniziale dei terroristi è di compiere un attentato nello scalo israeliano di Ashdod ma, scoperti dagli ufficiali della nave mentre cercano di nascondere delle armi, decidono per il dirottamento.
L’allarme viene captato da una nave svedese; poco dopo, nel primo pomeriggio, giunge anche alle autorità italiane. In serata la notizia viene diffusa in televisione, innanzitutto dal Tg1.
Si apprende che i quattro sono membri del “Fronte per la liberazione della Palestina” (una frangia estrema dell’OLP presieduto da Yasser Arafat) e che chiedono in cambio la liberazione di 50 palestinesi detenuti in Israele. Scartata l’ipotesi di una soluzione di forza, per l’estrema rischiosità della situazione, il Governo italiano, in contrasto con gli USA, apre le trattative trovando un alleato nello stesso Arafat, che prende le distanze dai dirottatori.
Nel frattempo, di fronte al diniego della Siria ad autorizzare l’attracco (d’accordo con l’Italia), il commando individua un passeggero ebreo disabile con passaporto americano, Leon Klinghoffer, e lo uccide brutalmente, gettandone il corpo in mare.
La situazione sembra sbloccarsi con l’intervento di Abu Abbas, emissario di Arafat, che convince i terroristi a consegnarsi alle autorità egiziane con la promessa di un salvacondotto.
L’Italia - che secondo la versione ufficiale ignora l’uccisione del passeggero - dà il via libera all’operazione, tra le proteste dell’amministrazione americana guidata da Ronald Reagan, che invece è decisa a mettere le mani sui terroristi e sullo stesso Abbas. L’aereo su cui sono imbarcati questi ultimi viene quindi intercettato dai caccia americani e costretto ad atterrare nella base aerea di Sigonella (in Sicilia).
Qui si scatena una vera e propria crisi diplomatica tra gli Stati Uniti e l’Italia, che attraverso il presidente del Consiglio Bettino Craxi dice “No” allo storico alleato che chiede la consegna dei terroristi. Solo quando il commando verrà preso in consegna dalle forze dell’ordine italiane l’Egitto lascerà partire l’ “Achille Lauro”, trattenuta fino a sabato 12 ottobre.
Finisce così un incubo durato sei giorni che segnerà un passaggio storico importante nei rapporti tra l’Italia e gli Stati Uniti, nell’ambito della cosiddetta “questione mediorientale”.