Grazia Deledda
A 150 anni dalla nascita, ripercorriamo insieme la vita e le opere della grande scrittrice Grazia Deledda (1871 - 1936): unica donna insignita dal Nobel nell’ambito della letteratura italiana (1926), e autrice di oltre cinquanta volumi tra romanzi e novelle.
Il III Municipio di Roma le ha intitolato una via nel quartiere Talenti.
Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre del 1871 da Francesca Cambosu e Giovanni Deledda, un benestante che si occupa di commercio e di agricoltura e che ha alle spalle studi di Diritto.
Giovanissima si interessa a livello dilettantistico di poesia dialettale, pubblicando a sue spese un giornaletto. Successivamente si chiude in un’adolescenza contraddistinta da gravi problemi familiari - un fratello alcolizzato, un altro fratello compromesso con la giustizia per piccoli furti, poi la morte del padre con i conseguenti problemi economici -, e da una formazione culturale sostanzialmente autodidatta - i suoi studi regolari non superano la quinta elementare - che si alimenta soprattutto di letture a tappeto nell’ambito della contemporanea narrativa francese e italiana a destinazione popolare.
La precoce vocazione letteraria, su cui pesa il diffuso pregiudizio secondo il quale “una donna scrittrice non può essere una donna onesta”, si concretizza ufficialmente con la pubblicazione del racconto “Sangue sardo” sulla rivista romana “Ultima moda”.
Gli anni dal 1889 al 1895 sono quelli in cui la Deledda è impegnata nel mettere a punto un suo corredo letterario tematico - in prevalenza storie d’amore e di morte, sul modello della narrativa popolare tardo-romantica - e un suo stile.
Dopo la pubblicazione sempre su “Ultima moda” del racconto “Remigia Helder” e quella del primo romanzo “Memorie di Fernanda”, vedono le stampe novelle e racconti - “Nell’azzurro”, con lo pseudonimo di Ilia di Saint Ismail; “Stella d’Oriente”; “Aurora regale”; “La regina delle tenebre”; “Racconti sardi” -, e un ulteriore romanzo “Anime oneste”, pubblicato a Milano da Cogliati.
Nel 1896 Giovanni Campana recensisce favorevolmente “La via del male” e ciò fa da ulteriore stimolo al già tenace impegno della scrittrice - “Il tesoro” e “La giustizia”, romanzi; “L’ospite e “Le tentazioni”, novelle; “I tre talismani” e “Le disgrazie che può cagionare il denaro”, fiabe; “Nostra signora del buon consiglio”, leggenda sarda; “Paesaggi sardi”, poesie -.
Nel 1899 a Cagliari, dove è ospite di una amica, la Deledda incontra l’impiegato statale del Ministero delle finanze Palmiro Madesani, che l’anno seguente sarebbe diventato suo marito.
La nuova coppia va a risiedere a Roma, dove la Deledda condurrà una vita relativamente tranquilla, dividendosi tra gli impegni di famiglia e quelli letterari.
“Nuova Antologia”, che alla fine dell’anno precedente aveva pubblicato il romanzo “Il vecchio della montagna”, accoglie anche il primo romanzo composto a Roma, “Elias Portolu”.
La sua vocazione letteraria è dunque pienamente matura, pur continuando a spaziare tra le formule della novella e del racconto - “I giuochi della vita”, “Il nonno”, “Chiaroscuro” -, e il romanzo di più ampio respiro - “Cenere”, “Nostalgie”, “L’ombra del passato”, “L’edera”, “Il nostro padrone”, “Nel deserto”, “Colombi e sparvieri” -.
"Canne al vento”, giudicato il suo capolavoro, vede le stampe in “L’Illustrazione italiana” nel primo numero del 1913, e viene pubblicato lo stesso anno dall’editore Treves.
Ma la prolificità letteraria della Deledda non conosce sosta, con ritmi davvero sorprendenti: “Le colpe altrui”, 1914; “Marianna Sirca”, 1915; “Il fanciullo nascosto”, novelle, 1915; “L’incendio nell’uliveto”, 1918; “Il ritorno del figlio” e “La bambina rubata”, novelle, 1919; “La madre”, 1920; “Il segreto dell’uomo solitario”, 1921; “Il Dio dei viventi”, 1922; “Il flauto nel bosco”, novelle,1923; “La danza della collana”, 1924; “La fuga in Egitto”, 1925; “Il sigillo d’amore”, novelle, 1926.
Una firma ormai diventata nota anche fuori dai confini nazionali può così ottenere nel 1926 il riconoscimento del premio Nobel per la letteratura, l’unico fino ad oggi che abbia premiato una scrittrice italiana.
Alla sua fama d’altra parte hanno fortemente contribuito le trasposizioni teatrali e soprattutto cinematografiche della sua opera, come quella di “Cenere”, interpretata da Eleonora Duse.
Dopo aver dato ancora alle stampe numerosi romanzi - fra gli altri “Annalena Bilsini”, “Il paese del vento”, “L’argine” e “La chiesa della solitudine” - e raccolte di novelle - “Il dono di Natale”, “La casa del poeta”, “La vigna sul mare” e “Sole d’Estate” -, Grazia Deledda muore a Roma il 15 agosto del 1936, lasciando incompleto il romanzo autobiografico “Cosima, quasi Grazia”.