Giovanni Gentile
Giovanni Gentile (1875-1944): filosofo, senatore e ministro della Pubblica Istruzione, firmò la nota Riforma. Durante tutto il ventennio fascista esercitò un forte influsso sulla cultura italiana, fino a fondare l’Enciclopedia Italiana Treccani, di cui diventò direttore. Considerato da alcune componenti politiche della Resistenza come uno dei principali responsabili del regime fascista, venne ucciso il 15 aprile 1944 a Firenze da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP, i Gruppi di Azione Patriottica.
Giovanni Gentile nacque a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 29 maggio del 1875. Dopo aver trascorso la sua infanzia a Campobello di Mazara, dove la famiglia si era trasferita, frequentò il liceo Ximenes a Trapani. Durante l'ultimo anno, su suggerimento del suo professore di greco decise di partecipare al concorso per quattro posti d'interno alla Scuola Normale Superiore di Pisa, con tema su “La poesia civile del Parini e dell'Alfieri”. Dopo essere stato ammesso si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia. L'esperienza presso l'ateneo pisano influirà in maniera determinante sul suo pensiero e sulle sue scelte culturali e politiche. La Scuola Superiore di Pisa infatti, oltre ad essere l'istituto scientifico più prestigioso del regno, aveva avviato uno studio filologico e storico sulla letteratura italiana nonché sul ruolo del pensiero italiano all'interno della filosofia europea. Questa impostazione era in linea con l'esigenza post-unitaria di cercare di rintracciare storicamente e fondare l'unità della penisola non solo dal punto di vista politico, ma anche culturale e spirituale. Gentile fece sua questa preoccupazione e cercò, in particolar modo nelle opere storiche, di meglio definire e ricostruire la storia spirituale d'Italia con frequenti richiami alla continuità storica e politica con il Risorgimento.
Sotto l'insegnamento storico di Alessandro D'Ancona e filosofico di Donato Jaia, Gentile iniziò a pubblicare i suoi primi articoli. L'influenza dei due professori fu antitetica: mentre il primo, pisano, seguace del metodo storico, veniva dalla storiografia positivista e da ambienti liberali, il secondo, siciliano come Gentile, era un hegeliano seguace di Bertrando Spaventa e come quest'ultimo aveva frequentato il seminario ma aveva rinunciato al sacerdozio. Queste due personalità costituirono, nello svolgimento del pensiero filosofico di Gentile, due esigenze diverse ma allo stesso tempo conciliabili: l'attenzione filologica per i documenti e per i testi, e l'interpretazione spaventiana della filosofia di Hegel.
Oltre all'influenza esercitata dai suoi due maestri, fu determinante negli anni trascorsi a Pisa l'incontro con Benedetto Croce. Il loro carteggio, che rappresenta uno dei documenti centrali per la ricostruzione storica della cultura italiana del periodo, iniziò nel 1896 e si protrasse fino all'adesione di Gentile al partito fascista nel 1923. La discussione tra i due si svolse all'inizio su argomenti storici e letterari; in seguito, l'argomento principe divenne la filosofia, avendo Gentile deciso, sotto la spinta di Jaia, di laurearsi in filosofia. Con il passare del tempo l'amicizia tra i due si rafforzò fino a diventare cruciale per la formazione e lo sviluppo del pensiero di entrambi e per la carriera accademica di Gentile, dal momento che questi, al contrario di Croce, non aveva a disposizione una base economica tale da esentarlo dall'insegnamento - funzione che peraltro Gentile sentì come una missione -.
La base della discussione con Croce fu l'idealismo che accomunò per un verso i due filosofi ma che al tempo stesso li divise a causa di alcune divergenze, attenuate in nome della loro amicizia eppure sempre latenti, che saranno il motivo della loro separazione. I due combatterono insieme la stessa guerra, contro il positivismo e le degenerazioni dell'università italiana. Il loro scopo fu quello di costituire, all'interno della cultura italiana, un polo filosofico crescente per dimensioni e qualità.
Nel 1903 fondarono una rivista, La Critica, e lavorarono incessantemente alla creazione di nuove collane editoriali e alla pubblicazione delle loro rispettive opere. Dopo la laurea a Pisa e un corso di perfezionamento a Firenze, Gentile iniziò la sua carriera di insegnante ottenendo una cattedra a Campobasso, al liceo Mario Pagano. La sua aspirazione però fu, sin dall'inizio, quella di ottenere una cattedra universitaria. Dopo una serie di tentativi andati a vuoto e sconfitte in altrettanti concorsi, nel 1906 riuscì a ottenere una cattedra di Storia della Filosofia all'Università di Palermo. Malgrado ambisse ad una cattedra a Napoli, per la vicinanza con Croce e con gli ambienti culturali napoletani - ben più vivi di quelli siciliani - l'esperienza e l'insegnamento a Palermo furono per lui determinanti. Nella città siciliana infatti, intorno alla sua cattedra e agli incontri del circolo culturale di Giuseppe Pojero, cominciò a crearsi quella scuola di allievi che contribuirono non poco alla diffusione dell'idealismo attuale. L'insegnamento, oltre ad offrirgli la possibilità di continuare i suoi studi e sostentare la sua numerosa famiglia, gli diede l’occasione di toccare con mano il disagio della scuola italiana, che sin dall'inizio aveva giudicato “non adatta a contribuire alla fortificazione dell'unità nazionale e delle sue basi culturali”, e “incapace di formare una nuova classe dirigente che traghettasse il paese verso una sorte migliore”.
Gentile sentì sempre come una vera e propria missione il suo ruolo di insegnante e educatore. La sua pedagogia, che è essenzialmente filosofica, non può essere staccata né dal suo sistema filosofico né dal suo progetto di Riforma della scuola che attuò nel 1923-24, quando era ministro della Pubblica Istruzione. L'influenza di Gentile sulla cultura italiana, accresciutasi nel tempo per merito delle sue pubblicazioni, delle iniziative insieme a Benedetto Croce e della produzione della sua scuola filosofica, si estese anche grazie ai tanti incarichi che ebbe modo di ricoprire.
La sua adesione al fascismo nel 1923, se da un lato costituì la molla della rottura con Benedetto Croce - rapporto già incrinato da una polemica apparsa sulla Voce dieci anni prima - e gli comportò molte inimicizie anche all'interno dello stesso partito fascista, dall'altro gli diede la possibilità di accrescere ulteriormente la sua influenza sulla cultura italiana, grazie ad alcune importanti iniziative editoriali. Tra queste la più importante, per il peso che ricoprì e che ricopre tuttora, è senza dubbio L'Enciclopedia Italiana alla cui composizione collaborarono molti intellettuali antifascisti, meno però di quanti Gentile avesse auspicato. Nel suo disegno questa opera in volumi doveva costituire “un monumento all'unità e alla concordia della cultura italiana”, a cui dovevano contribuire “tutti gli studiosi, di qualsiasi credo politico”.
La situazione storica e politica non lo permise e Gentile dovette subire diverse sconfitte: la più bruciante fu la firma del Concordato tra la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano nel 1929. Benché Gentile considerasse il cattolicesimo come la forma storica della spiritualità italiana, il Concordato contraddiceva al suo disegno di uno Stato etico garante di una sorta di unità divina tra gli appartenenti, che negava perciò ogni Dio indipendente dallo Stato. La sua fedeltà al partito fascista, in cui vide sempre l'espressione del moto risorgimentale di unità nazionale, lo portò ad aderire nel 1943 alla Repubblica Sociale Italiana. Sebbene ormai confinato dallo stesso regime a un ruolo politico pressoché nullo, questo non gli evitò di essere barbaramente ucciso il 15 aprile del 1944 sulla soglia della sua abitazione a Firenze da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP, i Gruppi di Azione Patriottica.