Ettore Petrolini: il genio di un romano d’eccezione. 

 

La vita di Ettore Petrolini (1884-1936): la straordianaria avventura umana e artistica del capostipite del teatro comico di varietà, rivista e dell’avanspettacolo italiano. Impareggiabile interprete della beffarda anima romanesca.  

 

Ettore Petrolini nasce a Roma il 13 gennaio del 1884, da Luigi  Petrolini (fabbro) e Anna Maria Antonelli, in via Giulia, all’angolo con Vicolo del Grancio, in uno dei quartieri centrali di Roma. Qui trascorre i primi anni della sua infanzia insieme ai genitori, due fratelli e due sorelle, fino al 1890 quando la famiglia si trasferisce nella zona di Porta San Giovanni. Vivacità e irrequietezza, rapporto con la strada e precoce interesse per la finzione teatrale caratterizzano questo periodo fino a quando a tredici anni, in seguito a una rissa fra coetanei in cui accidentalmente ferisce un compagno, viene mandato al riformatorio di Bosco Marengo, in provincia di Alessandria; di lì poi trasferito a Forlì e infine a Santa Maria Capua Vetere.

Dopo il suo ritorno a Roma, Petrolini inizia un’assidua frequentazione dei teatri di varietà, ma risale solo al 1902 la prima attestazione certa di una sua ufficiale presenza in cartellone: al Teatro Civico di Diano Marina, dove con una Compagnia di Varietà e Operettine si esibisce in alcune farse di Pulcinella. Nel 1903 incontra l’agente teatrale Giulio Fabi, che gli procura una scrittura con la compagnia di Angelo Tabanelli a Campagnano, nei pressi di Roma, dove pare che l’attore debutti con la macchietta del Bell’Arturo. Rientrato a Roma, Giulio Fabi media per fargli ottenere una scrittura al Gambrinus (noto cafè-chantant nei pressi della Stazione Termini) in qualità di “buffo e duettista”. Qui debutta con il nome d’arte di Ettore Loris e qui recita il Bell’Arturo e Giggi er bullo, macchiette che esprimono i due lati dell’identità di Petrolini in questi anni: il suo debito nei confronti della tradizione napoletana, il primo, e il suo radicarsi nella cultura romana, il secondo.

 

In estate è a Viterbo con un’altra compagnia secondaria, diretta da Giorgio Salomone, ancora una volta con un repertorio di farse di Pulcinella, in cui riveste i panni di Picchio. Tornato a Roma, racconta di essersi esibito come Sirena del mare in un baraccone di Piazza Pepe, ritrovo di varia spettacolarità e presto sede di uno dei più importanti teatri di Varietà del tempo: lo Jovinelli. A ottobre, all’Eden di Civitavecchia, recita accanto a Ines Colapietro che diventerà presto sua compagna d’arte e moglie: con lei, a partire dall’anno successivo, inizia a viaggiare per l’Italia ospite di molti teatri e caffè-concerto, scritturato come buffo o più spesso come comico macchiettista e talvolta comico napoletano, con un repertorio che assai di rado viene specificato in locandina. Fra il 1904 e il 1905 sarà nel Nord Italia: a Trieste (alle Gatte), Torino, Alessandria, Vercelli (al Teatro concerto Cavour), Parma, Milano (al Teatro Morisetti), poi sarà a Venezia (al Teatro Olympia), Bologna (al Concerto Ronzoni), Firenze (all’Eden Teatro), Genova (al Teatro Alcazar) e Roma (al Teatro Bellini e ancora al Gambrinus). Intanto nel 1904 è nato il primo figlio, Oreste, cui seguirà nel 1906 il secondo.

 

La vera svolta del percorso artistico di Petrolini avviene quando, nel febbraio del 1907, dopo averli visti recitare al Teatro Alcazar di Genova, l’impresario francese Seguin propone alla coppia Petrolini - Ines Colapietro un contratto per una tournée in America del Sud. La partenza avviene nel mese di maggio e la tournée comprende Argentina, Uruguay e Brasile. Nelle sue memorie Petrolini racconta che proprio in una delle prime serate a Buenos Aires, in seguito a un fiasco clamoroso, avrebbe dato vita a una delle sue macchiette più geniali, Oh Margherita, parodia del Faust di Charles Gounod. Ne deriva un successo straordinario, che fra l’altro accelera il percorso di Petrolini verso l’estremizzazione del suo lavoro di deformazione parodica della tradizione.

 

Farà ritorno ancora in Sud America per pochi mesi nel 1909, confermando il suo successo, che gli permetterà fra l’altro una rapida affermazione sui palcoscenici nostrani e, presto, anche i primi veri segnali di attenzione da parte della critica.

 

Sono, forse non a caso, proprio del 1910 i primi interventi critici importanti che lo segnalano come grande “comico grottesco” e “parodista” ed è dell’aprile del 1910 la prima scrittura per il Teatro Jovinelli di Roma, replicata di lì a pochi mesi, fino al contratto per una scrittura della durata di tre anni, in cui Petrolini si impegna a non recitare in nessun altro teatro romano. Il contratto verrà rescisso nel 1912 perché l’impresario di un’altra importante sala di varietà della città, la Sala Umberto, sarà disposto a pagare una salata penale pur di avere Petrolini nel suo teatro: segno evidente di quanto ormai l’attore abbia conquistato le platee italiane. In questi anni si aggiungono al suo repertorio molte delle parodie più famose: Cyrano de Bergerac, Il poeta, Maria Stuarda, Paggio Fernando, Otello, Sor Capanna, Amleto, Isabella e Beniamino, Napoleone, Stornelli Maltusiani, La traviata, La sonnambula abruzzese. Un’intera cultura, teatrale, operistica, letteraria viene passata al contropelo da Petrolini, smontata, parodiata e riscritta; e il pubblico e la critica rispondono con calore ed entusiasmo. Nel 1913 è molto spesso a Roma (alla Sala Umberto, all’Acquario, all’Apollo e al Salone Margherita), tanto che la capitale diviene allora, insieme a Firenze e Milano, la piazza più importante a cui l’attore faccia riferimento. Sempre nel 1913, appena uscito il film L’amor mio non muore di Mario Caserini, con Lyda Borelli e Mario Bonnard, Petrolini ne propone una parodia che Filippo Tommaso Marinetti definirà «un capolavoro: una  vera e propria sinfonia caotica e alogica» e che, insieme a Fortunello (1914), sarà uno dei momenti artistici dell’attore romano più apprezzati dal futurismo. Sempre nel 1913, a Firenze, Gordon Craig incontra per la prima volta l’attore romano e ne resta assolutamente conquistato: da allora, sebbene con ampie pause fra un incontro e l’altro, prende avvio un rapporto di stima e di amicizia che proseguirà fino al 1935.

 

Fra il 1915 e il 1916, in consonanza con i tempi e il progressivo tramontare della stagione più vivace del café-chantant e del teatro di Varietà, anche Petrolini porta in scena le sue prime Riviste: Venite a sentire (scritta con Carini); Zero meno zero (scritta con Luciano Folgore); Contropelo (di Tommaso Smith) e Acqua salata. Forse non è un caso che proprio nel 1915, a chiusura di una stagione del suo teatro, Petrolini pubblichi il suo primo libro (Ti à piaciato?) in cui raccoglie una buona parte delle migliori parodie, quasi come rito di passaggio verso una nuova e diversa stagione. Intanto si viene approfondendo e definendo meglio il suo rapporto con i futuristi, che si fa ora più stretto e collaborativo. In seguito a un intervento di Piero Pancrazi sulla «Voce» del 31 gennaio 1916, iniziano le prime vere collaborazioni: di lì a poco Petrolini decide di inserire alcune sintesi futuriste entro il programma della rivista Venite a sentire e nel 1918 scrive insieme a Francesco Cangiullo Radioscopia in duetto che, poi rielaborata, sarà il soggetto del secondo film che lo vede protagonista: Mentre il pubblico ride, per la regia di Mario Bonnard. Intanto, nel 1915, aveva girato il suo primo film, Petrolini disperato per eccesso di buon umore, per la Latium Film, pellicola purtroppo andata perduta.

 

Il 1917 è l’anno dei suoi tre atti unici di ambientazione romana (Nerone, Amori de notte e Romani de Roma), il primo passo verso il teatro di prosa che, da lì a pochi anni, costituirà la parte più cospicua del repertorio di Petrolini, via via arricchito anche da testi di altri autori. Sebbene infatti le antiche parodie restino come cifra caratterizzante il percorso del comico e siano sempre da lui riprese a chiusura di ogni serata, tuttavia a partire dall’inizio degli anni Venti il passaggio al teatro di prosa può dirsi compiuto. Ne sono una conferma, negli anni fra il 1918 e il 1923, le numerosissime opere che l’attore porta in scena, spesso riscritte o adattate alle sue esigenze, alla sua sensibilità artistica e talvolta al romanesco. Ed ecco i personaggi trasformarsi e ingigantire in atteggiamenti impreveduti, con fughe pazze fuori d’ogni logica e consuetudine: eccoli d’improvviso toccare i culmini della poesia là dove sembrava dovessero perdersi nello scomposto della farsa facilona o del ‘soggetto’ conosciuto o del ‘lazzo’ provato e riprovato al fuoco delle passate ribalte». Esempi eloquenti sono Cortile di Fausto Maria Martini, Un garofano di Ugo Ojetti, Cento di ‘sti giorni di Checco Durante, Notturno di Guelfo Civinini. Intanto, nel 1921, l’impresario Walter Morocchi aveva scritturato l’intera compagnia per una nuova tournée in America del Sud, durante la quale, in ottobre, Petrolini aveva portato in scena con grande successo l’atto unico Mustafà. Al ritorno in Italia presenta la macchietta di Gastone, parodia del «bell'attore fotogenico, affranto, compunto, vuoto, senza orrore di sé stesso», probabilmente già ideata o forse scritta durante il viaggio di ritorno dall’amico Checco Durante. Parzialmente ridotta, sarà inserita all’interno della commedia omonima del 1924 e, successivamente, nel film di Alessandro Blasetti del 1930.

 

È certamente nel 1923 con Il medico per forza, una riduzione in un atto da Médicin malgré lui di Molière, e con Agro de limone, vera e propria riscrittura da Lumie di Sicilia di Luigi Pirandello, che l’attore conquista definitivamente anche la critica italiana più diffidente, quella legata «allo stupido preconcetto che l’attore è soltanto artista quando si produce nei lavori cosiddetti seri. Una conferma ulteriore arriva ai critici più tradizionalisti quando nel 1924 Petrolini compare in cartellone come autore di commedie oltre che come attore: è il caso di Gastone, commedia in due atti, cui seguirà l’atto unico Il padiglione delle meraviglie. Seguiranno anni molto intensi, non solo per i continui movimenti della compagnia, ma anche per il fitto programma di novità: Er castigamatti di Giulio Svetoni, La trovata di Paolino di Renzo Martinelli, Pinelli di Ettore Veo, La cometa di Yambo, Le esperienze di Giovanni Arce filosofo di Rosso di San Secondo, La lontana città degli asterischi di Pietro Solari (uno dei pochi reali insuccessi della carriera dell’artista), Mezzuomo di Antonio Aniante, Zeffirino di Gian Capo, Abat-jour di Giorgio Bolza, Mille lire di Salvator Gotta, Mezzo mijone da Alfredo Testoni, Peppe er pollo di Augusto Novelli. Intanto, il 17 giugno 1923, era arrivata la nomina a Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia e, nell’ottobre 1925, quella a Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia: i primi riconoscimenti ufficiali dal neo nato governo fascista.

 

Con Benedetto fra le donne (1927) e poi con Chicchignola (1931) Petrolini aggiunge una nuova tappa al suo percorso artistico d’autore drammatico, proponendo due testi in tre atti ciascuno, in cui la definizione psicologica dei personaggi protagonisti si fa più netta rispetto al passato, senza tuttavia troppo concedere allo psicologismo di tanto teatro intimista del tempo, che pure, a tratti, è presente nel repertorio che l’attore porta in scena. Ormai i maggiori teatri di prosa italiani accolgono lui e la sua compagnia con grande entusiasmo; le principali firme della critica teatrale recensiscono puntigliosamente ogni suo passaggio dalle città, manifestano di apprezzarlo tanto nel genere comico quanto in quello drammatico, come attore e anche come drammaturgo, anche se spesso mostrano riserve sulla sua compagnia. Quando, verso la metà degli anni Venti, Petrolini inizia a manifestare i primi sintomi della malattia che lo condurrà a una precoce fine, i giornali riporteranno non solo la notizia, ma anche manifestazioni di solidarietà e vicinanza, fotografie dell’attore in camicia da notte e interviste al momento della sua ripresa per rassicurare il pubblico sulle sue migliorate condizioni di salute.

 

Nel 1930 iniziano i primi contatti con la Cines di Pittaluga fino all’accordo per la realizzazione di tre film: Nerone per la regia di Blasetti, Cortile e Il medico per forza per quella di Carlo Campogalliani, arrivati a noi in un montaggio parziale di frammenti il primo e l’ultimo (Antologia di Petrolini) e integralmente Cortile. La risposta del pubblico sarà buona, il plauso della critica non del tutto unanime, ora per l’eccessiva teatralità  del film di Blasetti, ora per la diminuzione della forza attoriale di Petrolini riprodotto in pellicola. L’attore, soddisfatto, non cercherà tuttavia di replicare l’esperienza negli anni successivi, restando legato profondamente e in modo esclusivo alla vita del teatro.

 

All’apice della carriera Petrolini è ormai uomo ricco e famoso, proprietario di una villa a Castel Gandolfo con vista sul lago, mentre nel suo appartamento romano raccoglie una ricca collezione di opere e cimeli antichi che conserva con ordine quasi maniacale (così come con analogo ordine custodisce le sue carte, le lettere, le locandine dei suoi spettacoli, le recensioni ritagliate e classificate). Negli ultimi due anni della sua vita, nonostante la precaria salute, Petrolini è in continuo movimento e spesso all’estero. Nel 1933 parte per una tournée a Parigi, dove il 6 giugno debutta nel piccolo teatrino de La Potinière, riscuotendo presto un successo di pubblico e di critica straordinari, tanto che il 23 giugno sarà alla Comédie Française, durante la serata organizzata per l’addio alle scene di Cecile Sorel. In quell’occasione Petrolini recita nella maggiore istituzione teatrale francese, custode della tradizione come poche altre realtà del tempo, proprio Le médicin malgré lui di Molière (nella sua riduzione italiana). Prima di lui era accaduto solo un’altra volta e con un certo scompiglio del pubblico francese, quando André Antoine aveva curato la regia del testo affidando la parte del protagonista a un altro grande rappresentante del teatro di varietà, Dranem.

 

Nel luglio del 1933 è a Londra, poi in Egitto (ad Alessandria e poi al Cairo). Da allora i successi internazionali si susseguono e fanno conoscere Petrolini al pubblico di Bengasi, di Tunisi, a quello di Berlino, di Nizza e di Vienna. Vengono avviati anche i primi contatti per una tournée negli Stati Uniti, che tuttavia l’attore non avrà il tempo di realizzare. Nell’agosto del 1935 un nuovo grave attacco di angina pectoris lo costringe ad abbandonare le scene. L’ultima recita era avvenuta al teatro Quirino di Roma, il 3 luglio di quell’anno: in programma Zio prete, Il cantastorie e Pinelli. Gli ultimi mesi, trascorsi per lo più a letto, sono impegnati nella scrittura del suo secondo libro autobiografico: Un po’ per celia, un po’ per non morir…, che riesce a consegnare a Alfredo De Pirro prima di morire.

Il 29 giugno del 1936 si spegne nella sua casa di Via Maria Adelaide.

A epigrafe della sua vita, l’amico e poeta Trilussa scrive per lui quel giorno: «Creò osservando / eternò ridendo». 

 

13/1/2018