Emilio Lavagnino
La sua vita è stata definita “Il diario di un salvataggio artistico”: con questo titolo nel 2011 la Rai gli ha dedicato un film-documentario. Emilio Lavagnino (1898-1963), l’uomo che nei primi anni ‘40 ha partecipato personalmente alle operazioni di salvataggio del patrimonio artistico del nostro Paese. Un patrimonio mai abbastanza tutelato e valorizzato.
Chi era dunque Emilio Lavagnino?
Un semplice funzionario del Ministero dell’educazione fascista, che all’inizio degli anni ‘40 partecipa in prima persona alle operazioni di salvataggio del patrimonio artistico italiano, diventando un eroe. Eccone un esempio.
Durante la Seconda guerra mondiale la città di Viterbo viene bombardata ininterrottamente per 6 mesi, quasi rasa al suolo. Nel 1944, davanti alle macerie della chiesa di San Francesco, vicino Porta Fiorentina, in pieno centro storico, c'è Emilio Lavagnino, sovrintendente di Roma. «La restaureremo», dice. Una promessa non disattesa: tornano infatti al loro posto la facciata crollata e le decorazioni a stucco strappate via dalla guerra.
Questa è solo una delle storie che fa parte del racconto dei numerosi salvataggi di opere d'arte compiuti da Emilio Lavagnino tra il ‘43 e il ’44, descritti nel libro della figlia Alessandra, dal titolo “Un inverno 1943-1944”, pubblicato nel 2006 da Sellerio.
Un'avventurosa storia “vera” che tra camion, aneddoti, percorsi accidentati e rischiose peripezie racconta come Lavagnino e altri intellettuali coraggiosi hanno rischiato la vita, senza fare clamore, portando in salvo fin dentro i confini del Vaticano, dove sono stati custoditi fino al termine del conflitto, alcuni dei quadri, degli oggetti d'arredo, dei paramenti sacri presenti nelle chiese e nei piccoli musei dei tanti paesi laziali minacciati dalle bombe e dalla deportazione.
Insieme a Lavagnino vanno ricordati anche Giulio Carlo Argan - sindaco di Roma dal 1976 al 1979 - Pasquale Rotondi, ai tempi sovrintendente di Urbino e per il Vaticano, e Giulio Battelli, che ha soccorso molte biblioteche, difendendo documenti e manoscritti. E come dimenticare il contributo dei monaci dell'abbazia di Montecassino, che hanno dato rifugio al medagliere di Siracusa, ai dipinti di Capodimonte; oggetti senza i quali svanisce nel nulla una parte della nostra memoria storica. Cronache poco note, che però possono aiutare i giovani a ri-scoprire i tesori sconosciuti, a volte “misconosciuti”, del territorio laziale.
Ricordare Lavagnino è pertanto un’occasione per riportare l'attenzione sull'arte locale, spesso lontana dalle grandi “scuole”, ma profonda espressione del territorio.
“Artisti di valore - come spiega lo storico dell’arte Claudio Strinati, sovrintendente per il Polo Museale Romano fino al 2009 -, anche se non hanno iscritto con eminenza il loro nome nella Storia”.
Alcune di queste opere - sono almeno 40 quelle attribuite finora ai salvataggi di Emilio Lavagnino - soprattutto pittoriche, come il Trittico di Trevignano o l' “Enrico VIII” di Hans Holbein, sono poi tornate nella Capitale, a Palazzo Venezia, nell’ambito di mostre ed eventi.