Carlo Verdone 

 

 

Un ritratto di Carlo Verdone. Degno erede della grande tradizione della commedia all’italiana, e in particolare del celebre Alberto Sordi (al quale è stato spesso accostato), con le sue pellicole rappresenta da oltre trent’anni l’italiano medio con le proprie abitudini e manie. 

 

 

Nato a Roma il 17 novembre del 1950, Carlo Verdone raggiunge il successo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, con il passaggio dal cabaret alla Tv e poi al grande schermo. Da allora, film dopo film, è diventato quello che è oggi: una stella assoluta del cinema italiano.

Originario del centralissimo rione Regola (tra Ponte Sisto e Campo de’ fiori), in una delle zone più colorate della Capitale, Verdone cresce circondato da un campionario di romanità tra il popolano e il borghese, che saprà poi trasferire nei suoi film. È dal teatro, però, che tutto comincia. In particolare dall’Alberichino, la sala in cui - giovanissimo - Verdone interpreta il suo spettacolo “Tali e Quali”, per una platea praticamente inesistente, ma in cui una sera c’è anche un critico che scriverà grandi cose di lui.

Poi arriva il cabaret in Tv, con “Non Stop”, un programma della Rai che sarà una fucina di talenti della comicità (basti citare il nome di Massimo Troisi). Qui Verdone interpreta alcuni dei suoi irresistibili personaggi (tra cui il bullo di periferia, il bamboccione dallo sguardo attonito, il fricchettone figlio de’ fiori, il forbito nevrotico). E qui lo vede, e ride, anche Sergio Leone.

Il grande regista lo chiama al telefono e chiede di incontrarlo. Tra il burbero e l’affettuoso lo convince a rompere gli indugi e scrivere un film, e mentre ne diventa il produttore gli insegna i trucchi del mestiere di regista. Nasce così “Un sacco bello”, il primo film di Verdone, del 1980, che ottiene un buon successo. Segue “Bianco, rosso e verdone”, un altro classico, dove compaiono altri personaggi che resteranno “mitici”.

Ma è il terzo film, “Borotalco”, del 1982, che si rivela il più importante, quello che Verdone stesso oggi definisce “fondamentale”. In “Borotalco” infatti Verdone decide di rischiare: abbandona le macchiette e interpreta un personaggio unico, non caratterizzato, che regge tutto il film.

Poi seguono le commedie sofisticate, come “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”, “Al lupo, al lupo”, senza disdegnare occasionali ritorni alle macchiette delle origini (“Viaggi di nozze”, “Gallo cedrone” e “Grande, grosso e Verdone”).

Il resto della sua filmografia è…Storia del cinema!

Di Verdone attore colpisce l’istinto camaleontico, l’osservazione del quotidiano, lo sguardo attento ai particolari che poi sfocia nella creazione di irresistibili macchiette, surreali, sebbene costruite partendo da situazioni rubate dalla strada.

Di Verdone regista sorprende invece l’attenzione alla scrittura delle sceneggiature, la passione per la musica (fondamentale in tutti i suoi film), l’occhio in grado di catturare tic e nevrosi comuni, l’inventiva che gli permette di creare battute velocemente entrate nel gergo dei ragazzi, l’individuazione di straordinari “caratteristi” (basti pensare alla Sora Lella o a Mario Brega), la capacità dirigere al meglio attori e attrici valorizzandone appieno le qualità.

Dal suo ritratto emergono infine anche alcune caratteristiche personali oltre che professionali, quali l’ammirazione per l’attore Alberto Sordi (con cui ha collaborato e di cui è considerato per certi versi l’erede), fino alla romanità e all’ormai famosa ipocondria, che ne ha fatto una sorta di esperto in diagnosi e conoscenza di ogni posologia medica.