IN PRIMO PIANO
Cronache dalla Casa Bianca.
JFK: un caso mai risolto.
Trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti e il primo di religione cattolica, John Fitzgerald Kennedy è stato un assoluto protagonista del Novecento. La sua parabola politica, conclusa dal tragico assassinio di Dallas (22 novembre del 1963), ha segnato un'epoca cruciale della storia americana e non solo.
Nato a Brookline, nello stato del Massachusetts, il 29 maggio del 1917, durante la Seconda guerra mondiale John Kennedy ha partecipato a diverse missioni nel Pacifico e ha conseguito il grado di tenente di vascello. Pluridecorato per le coraggiose azioni di guerra, si è dato alla politica seguendo le orme del fratello Joseph Jr, rimasto ucciso durante il conflitto.
Eletto senatore nel 1952 per il Partito Democratico, alla fine del mandato si è candidato per la Casa Bianca, dove è entrato nel gennaio del 1961. Sotto la sua presidenza si sono verificati eventi capitali della storia mondiale: la crisi dei missili di Cuba (fase più critica della guerra fredda tra USA e URSS), la costruzione del Muro di Berlino, la conquista dello spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani.
Nella vita privata, John Fitzgerald Kennedy ha sposato Jaqueline Bouvier, da cui ha avuto quattro figli.
Dallas, 22 novembre 1963. L'auto del presidente procede tra due ali di folla. All’improvviso le voci della gente sono superate dal rumore di alcuni spari: John Fitzgerald Kennedy colpito a morte si accascia, subito sorretto dalla moglie Jacqueline.
«Interrompiamo questo programma per trasmettervi questo rapporto speciale della ABC Radio. C'è un rapporto speciale da Dallas, Texas. Tre colpi d'arma da fuoco hanno colpito il corteo del Presidente Kennedy oggi in centro a Dallas, Texas. Questa è la ABC Radio».
In pochi istanti si consuma un dramma che segnerà la Storia, e che coinvolgerà emotivamente milioni di persone.
Nel giro di poche ore l’assassino viene consegnato alla giustizia. Il suo nome è Lee Harvey Oswald: aveva abbandonato gli Stati Uniti ed era vissuto per due anni in Unione Sovietica per ottenere la cittadinanza russa e contribuire alla costruzione del “socialismo reale”.
Il caso dunque sembra risolto, ma, due giorni dopo, Oswald cade sotto il piombo di Jack Ruby nei sotterranei della centrale di polizia. Da questo momento l’assassinio di Kennedy si trasforma in un enigma sul quale si interrogheranno in molti, alla ricerca di una verità che a distanza di quasi 55 anni sembra essere ancora lontana da ogni logica. Tuttavia, recentemente - ottobre 2017 - sono emersi nuovi elementi, essendo divenuti pubblici quasi tutti i documenti coperti dal segreto di Stato.
Un anno fa, in occasione del Centenario della nascita di Kennedy, una foto in bianco e nero, scattata durante la campagna elettorale del 1960, è stata l'immagine che le poste degli Stati Uniti hanno scelto per il francobollo celebrativo emesso in suo onore. L'immagine mostra il Presidente con lo sguardo rivolto verso l’alto, a simboleggiare un'America fiduciosa nel futuro. Il francobollo, che ha validità permanente - reca infatti la scritta 'forever' - è stato stampato in foglietti di 12 esemplari.
22/5/2018
Mattarella omaggia Einaudi, l’ "uomo del rigore": un pezzo di storia del Quirinale da non dimenticare.
Il 12 maggio, in occasione del 70° anniversario del giuramento al Quirinale di Luigi Einaudi - secondo Presidente della Repubblica Italiana dopo Enrico De Nicola -, l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto rendere omaggio all’economista piemontese, attribuendo a questo gesto un forte valore simbolico, vista l’impasse dei partiti sul difficile “parto governativo” a due mesi e mezzo ormai dalle elezioni politiche del 4 marzo scorso. Quella di Mattarella è apparsa dunque una riflessione utile e indispensabile - forse addirittura doverosa - sul ruolo incarnato dalla più alta carica dello Stato - di cui ve n’era evidentemente bisogno - e sul rispetto che va ad essa portato nella forma e nella sostanza delle cose, che spesso viaggiano sovrapposte l’una all’altra.
Certo il contesto e i protagonisti sono ben altra cosa. Quello era un Paese in piena Ricostruzione, con problemi di Bilancio - Einaudi, va ricordato, era stato, prima di venire eletto Capo dello Stato, Ministro del Bilancio con Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio - e di sviluppo distanti anni luce dalla nostra folle e frenetica contemporaneità, ma il “rigore”, appunto, il rispetto delle regole ed il senso dello Stato che deve contraddistinguere l’operato delle forze politiche di un Paese moderno e democratico come il nostro non mutano così tanto nel tempo. Anzi, la forza delle radici storico-politiche deve fungere da volano per conquistare anche le più impervie vette, per il bene e il futuro del popolo italiano. Per analogia, siamo portati a concludere che come Luigi Einaudi preparò il terreno al miracolo economico che sbocciò dieci anni dopo la sua elezione al Quirinale, così ciò che va correttamente seminato oggi potrà dare i suoi migliori frutti in un’ottica di necessaria lunga durata governativa, all’insegna della tanto agognata stabilità politico-amministrativa che manca all’Italia da troppo tempo.
Quindi pazienza, dialogo e rispetto reciproco diventano senza dubbio gli ingredienti che non possono mancare al tavolo delle trattative per la nascita di un “buon governo” , nel senso più ampio e inclusivo del termine.
E allora, Luigi Einaudi (Carrù, 24 marzo 1874 - Roma, 30 ottobre 1961): il secondo Presidente della Repubblica Italiana. Un liberista tenace, meticoloso, severo, dotato di senso dello Stato. Un uomo dabbene e di profonda competenza. Una persona di vita modesta adatta a un’età di parsimonia. “Un uomo - come ha scritto il Corriere della Sera - di grande dottrina, di diritta coscienza e di vita esemplare”.
19/5/2018
Beppe Grillo: un uomo in Movimento.
Dopo essere stato per tanti anni un grande protagonista dell'intrattenimento sul piccolo schermo, Beppe Grillo ha indossato i panni dell’attivista e del leader politico e con il suo “Movimento” ha letteralmente scompaginato lo scenario politico italiano. E continua a farlo.
Beppe Grillo - all’anagrafe Giuseppe Piero Grillo - nasce a Genova, in un ambiente medio borghese, il 21 luglio del 1948.
Scopre il proprio talento nei locali della sua città, ma il vero successo lo trova a Milano quando si esibisce in un provino di fronte ad una commissione Rai (presente anche Pippo Baudo) improvvisando un monologo. Da questa esperienza scaturiscono le sue prime partecipazioni a trasmissioni televisive (Secondo Voi 1977-78 e Luna Park 1979) imponendosi subito con i suoi monologhi di satira di costume e rompendo, con l'improvvisazione, quelli che erano gli schemi "professionali" della televisione. Nel 1979 partecipa alla prima serie di una fortunata trasmissione che sarà poi ripresa negli anni a seguire : Fantastico.
Poi è la volta di "Te la do' io l'America " (1981) e "Te lo do' io il Brasile" (1984) con la regia di Enzo Trapani, dove porta le telecamere fuori dagli studi televisivi: una sorta di diario di viaggio di un italiano che coglie con ironia gli aspetti più divertenti degli usi e costumi di questi paesi.
Appare in seguito nelle più importanti trasmissioni nazionali (Fantastico, Domenica In, Festival di Sanremo), concentrando in pochi minuti le sue performance e raggiungendo altissimi indici di ascolto; il suo ultimo monologo al Festival di Sanremo raggiunse i 22 milioni di telespettatori.
Il suo modo di fare spettacolo si fà sempre più graffiante e corrosivo: dalla satira di costume passa ad affrontare temi più scottanti di carattere sociale e politico, facendo rabbrividire i vari dirigenti della televisione che nonostante il "rischio" continuano ad invitarlo nelle loro trasmissioni.
Nel 1986 Beppe Grillo realizza degli spot per una famosa marca di yogurt, sconvolgendo i canoni classici della pubblicità e vincendo i premi più prestigiosi del settore (Leone d'oro di Cannes, premio A.N.I.P.A., Art Director's club, Spot Italia Pubblicità e successo, Telegatto).
Oltre agli impegni televisivi e agli innumerevoli spettacoli dal vivo, dove esprime al massimo le sue doti di grande comunicatore, si dedica anche al cinema, realizzando con successo vari film: "Cercasi Gesù" (1982) diretto da Luigi Comencini (vince il David di Donatello), "Scemo di Guerra) (1985) con la regia di Dino Risi (partecipa al Festival di Cannes) e "Topo Galileo" (1988) con la regia di Laudadio (rappresenta l'Italia al Festival di Rio de Janeiro) con sceneggiatura e soggetto scritti a due mani con lo scrittore Stefano Benni.
Dopo aver vinto ben sei Telegatti, nel 1990 Beppe Grillo "fugge" dalla televisione e cerca rifugio in teatro, lasciandosi alle spalle varietà, telegiornali, telequiz, aste e dibattiti. Lo spettacolo portato in scena è “Buone notizie”, un vero evento in teatro sia come critica che come presenze di spettatori.
Nel 1992 ritorna - con un trionfale successo - sul palcoscenico con un recital i cui contenuti mostrano una nuova evoluzione: si spostano gli obiettivi della sua satira. Ad essere presi di mira non sono più i politici ma la gente comune e il suo comportamento irresponsabile, soprattutto nei confronti dell'ambiente. Nasce così una nuova satira: quella ecologica.
Nel novembre del 1991, a tre anni dall'ultima apparizione televisiva di Beppe Grillo, l'Abacus pubblica un sondaggio sulla popolarità dei personaggi dello spettacolo. Grillo risulta il comico più popolare in assoluto, nonostante la sua assenza dalle reti televisive nazionali e private.
Nel 1994 torna in televisione con due recital dal Teatro delle Vittorie di Roma.
Batte ogni record di ascolto per un programma di varietà: le due puntate sono seguite da 15 milioni di telespettatori a serata.
In seguito si dedica soprattutto a performance dal vivo; la tournée di Grillo del 1995 infatti tocca oltre 60 città italiane raccogliendo più di 400.000 spettatori.
Il nuovo spettacolo di Beppe Grillo viene trasmesso su alcune reti televisive straniere (in Svizzera su TSI e in Germania su WDR).
Lo stesso spettacolo viene censurato dalla Rai che annulla la messa in onda già programmata per il 10 gennaio del 1996.
Il nuovo millennio segna il suo ingresso nel web con l'omonimo blog - fondato con Gianroberto Casaleggio (1954-2016) - indicato tra i più influenti al mondo. Qui prende forma il progetto politico del “Movimento 5 Stelle”, che alle elezioni politiche del 2013, com’è noto, è risultato la seconda lista più votata dopo il Partito Democratico e che - grazie all’ampia affermazione ottenuta nelle elezioni amministrative del 5/19 giugno 2016 - è chiamato ad amministrare alcune tra le più importanti città italiane: in primis Roma.
Un compito, quest’ultimo, decisamente - e “storicamente” - complesso, come evidenziato dalla più stretta attualità, ma che appare al tempo stesso determinante per l’importanza strategica delle scelte da operare per il futuro della Capitale.
Corroborato, com’è altrettanto noto, dal recentissimo forte successo raccolto nelle politiche del 4 marzo scorso, oggi il “Movimento 5 Stelle” si prepara a ricoprire un ruolo centrale anche nella scelte della politica nazionale, divenendo un perno ineludibile nell’ottica della stringente strategia numerica dei gruppi parlamentari, che proprio in questi giorni stanno per entrare in aula per dare vita all’ormai imminente nuovo governo.
Staremo a vedere: la partita sembra interessante, oltreché fondamentale per lo sviluppo del Paese, soffocato, come ben sappiamo, da innumerevoli nodi venuti inesorabilmente al pettine, da sciogliere nel più breve tempo possibile.
19/3/2018
Un uomo al timone: Sergio Mattarella.
A pochi giorni dalla prima riunione del nuovo Parlamento - 23 marzo - quando con l’inizio delle votazioni per l’elezione dei Presidenti della Camera e del Senato - rispettivamente la seconda e terza carica dello Stato - prenderanno finalmente forma le reali intenzioni delle parti in campo al fine della formazione di una maggioranza in grado di far nascere un nuovo esecutivo, l’uomo sul quale sono puntati tutti i riflettori è lui: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il suo ruolo di guida e di indirizzo, esercitato in queste settimane all’insegna della mediazione, nel senso più alto del termine, unita ad una buona dose di pazienza, sarà infatti determinante per la composizione di un quadro istituzionale che, auspichiamo, risulti il più possibile equilibrato e di lunga durata - elementi che il Paese agogna da tempo! - affinché lo scenario politico, economico e sociale dei prossimi mesi/anni si traduca in un’unica parola chiave: stabilità.
Dunque, considerata la “solennità” del momento storico-politico, vogliamo ripercorrere insieme a voi i momenti salienti, o meglio le tappe principali della formazione e dell’impegno pubblico del Capo dello Stato: dagli ambienti accademici ai banchi di Montecitorio, fino alla prestigiosa soglia del Quirinale. Una parabola professionale segnata da un’intensa attività di studio del diritto e da ruoli istituzionali di primo piano.
La Redazione
Sergio Mattarella è nato a Palermo il 23 luglio del 1941.
Laureato in Giurisprudenza nel 1964 presso l’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti e la lode - discutendo una tesi su “La funzione di indirizzo politico” - è stato iscritto nell’albo degli avvocati del Foro di Palermo dal 1967.
Ha insegnato Diritto parlamentare nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo fino al 1983, anno in cui è stato collocato in aspettativa perché entrato a far parte della Camera dei deputati.
La sua attività scientifica e le sue pubblicazioni hanno riguardato prevalentemente argomenti di Diritto costituzionale (intervento della Regione siciliana nell’economia, bicameralismo, procedimento legislativo, attività ispettiva del Parlamento, indennità di espropriazione, evoluzione dell’amministrazione regionale siciliana, controlli sugli enti locali). Altre pubblicazioni hanno riguardato temi legati alla sua attività parlamentare e di governo. Ha svolto relazioni e interventi in convegni di studi giuridici, e tenuto lezioni in corsi di master e di specializzazione in varie Università.
Il suo percorso politico ha origine all’interno del filone di impegno cattolico-sociale e riformatore. Eletto deputato per la Democrazia Cristiana nel 1983 nella circoscrizione della Sicilia occidentale, ha fatto parte della Camera dei deputati fino al 2008.
In queste sette legislature ha fatto parte della Commissione Affari costituzionali, della Commissione Affari esteri e del Comitato per la Legislazione, di cui è stato anche Presidente.
Inoltre è stato componente della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali dell’XI legislatura, di cui è stato Vice Presidente, della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali della XIII legislatura, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. Nella XV legislatura è stato Presidente della Commissione Giurisdizionale della Camera dei deputati.
Nella XIII legislatura è stato Presidente del Gruppo parlamentare dei Popolari e Democratici (dall’inizio della legislatura all’ottobre 1998).
Dal luglio del 1987 al luglio del 1989 è stato Ministro dei Rapporti con il Parlamento. Risalgono a quegli anni la riforma dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio e l’abolizione della ordinarietà del voto segreto in Parlamento. Dal luglio del 1989 al luglio del 1990 è stato Ministro della Pubblica Istruzione. Sono di quel periodo la Conferenza nazionale della scuola (gennaio ’90) e la riforma degli ordinamenti della scuola elementare che, tra le innovazioni, introdusse il modulo dei tre maestri su due classi (legge n. 148 del 1990).
Dall’ottobre 1998 è stato Vice Presidente del Consiglio dei Ministri sino al dicembre 1999 quando è stato nominato Ministro della Difesa, incarico tenuto fino alle elezioni del giugno del 2001. Sono state approvate in quegli anni la legge che ha abolito la leva militare obbligatoria e quella che ha reso l’Arma dei Carabinieri forza armata autonoma. In quella fase l’Italia ha sviluppato un’intensa presenza nelle missioni di pace dispiegate per iniziative delle Nazioni Unite e ha contribuito significativamente alle operazioni di interposizione e mantenimento della pace in Bosnia-Herzegovina, Kosovo e nella ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. L’avvio della Politica europea di sicurezza e difesa, in quella stagione, ha visto l’Italia tra i più convinti sostenitori con l’avvio, tra l’altro, del primo corpo d’armata europeo.
Nelle elezioni politiche del 2008 non si è ricandidato e ha concluso la sua attività politica.
Nel maggio 2009 è stato eletto dal Parlamento componente del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, di cui è stato Vice Presidente.
Il 5 ottobre 2011 è stato eletto Giudice Costituzionale dal Parlamento ed è entrato a far parte della Corte Costituzionale con il giuramento dell’11 ottobre 2011.
Dal 31 gennaio del 2015 - giorno della sua elezione, al quarto scrutinio con 665 voti - è il dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana.
19/3/2018
La moka
Storia del caffè in Italia
La moka fu inventata da Alfonso Bialetti (1888-1970) nel 1933. All’epoca la Alfonso Bialetti & C. Fonderia in Conchiglia (oggi Bialetti Industrie) si occupava principalmente della produzione di semilavorati in alluminio. Aveva sede in Piemonte, a Crusinallo, una piccola frazione del comune di Omegna: oggi fa parte della provincia Verbano Cusio Ossola. Bialetti aveva aperto l’officina nel 1919, dopo aver passato diversi anni a lavorare in Francia in alcune fabbriche di alluminio.
Bialetti ebbe l’idea alla base della moka intorno agli anni Venti, osservando alcune lavandaie che facevano il bucato in una vasca con al centro un tubo dal quale fuoriuscivano acqua calda e sapone che si distribuivano sui panni. Questa procedura di bollitura e distribuzione dell’acqua fu alla base del progetto. La moka è composta da quattro elementi in alluminio, ai quali si aggiunge una guarnizione sostituibile e un manico in bachelite. Il brevetto originale prevedeva che la sua forma fosse unicamente ottagonale. Per quanto oggi ne circolino diverse varianti, la forma della moka Bialetti e i materiali con i quali viene prodotta non sono mai cambiati: di fatto la caffettiera è sempre la stessa, da oltre ottant’anni. Il nome moka deriva dalla città di Mokha nello Yemen, una delle prime e più rinomate zone di produzione del caffè, in particolare della pregiata qualità arabica.
Prima della moka esistevano altri modi per preparare il caffè in casa, alcuni dei quali vengono usati ancora oggi. Nel 1802 il francese Antoine Descroisilles inventò la caffettiera di terracotta. Esisteva la caffettiera all’americana, composta da un bollitore con un filtro, in cui la bevanda si ottiene per percolazione: nacque nel 1873 e fu poi perfezionata in Germania. Quella a infusione, sistema Melior, fu inventata in Francia nel 1947, mentre le prime macchine per l’espresso apparvero in Italia intorno al 1906.
L’invenzione della moka rivoluzionò la consuetudine di bere il caffè in Italia. Un gesto fino ad allora confinato prevalentemente nei bar divenne un’abitudine casalinga, grazie a uno strumento relativamente economico e facile da usare.
Tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta l’intera produzione delle caffettiere Bialetti era limitata a circa mille pezzi all’anno. Lo stesso Alfonso Bialetti vendeva le caffettiere al dettaglio, girando per le fiere e rivolgendosi prevalentemente al mercato locale. Fu il figlio Renato, sopravvissuto ai campi di concentramento tedeschi, a ripensare l’intero business del marchio Moka Express. Dopo la guerra, a partire dagli anni Cinquanta, Renato Bialetti (1923-2016) decise di investire in modo massiccio sulla pubblicità sia a livello nazionale che internazionale. Cominciò in questi anni l’esportazione della moka anche all’estero.
La moka divenne un oggetto di largo consumo solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, durante il cosiddetto boom economico e l’aumento del reddito medio e dei consumi. Ebbe un ruolo importante una campagna basata su annunci sui giornali, spot radiofonici e anche televisivi (tra i primi in Italia). In occasione della più importante fiera italiana, quella di Milano, Bialetti tappezzò la città di enormi cartelloni pubblicitari con le foto della sua caffettiera. Nel 1956 Renato Bialetti fece installare negli spazi della fiera una versione gigante della moka. Il marchio Moka Express divenne famosissimo grazie all’invenzione dell’ “omino con i baffi”, disegnato dall’animatore e fumettista Paul Campani. Il personaggio divenne il simbolo degli spot Bialetti che venivano trasmessi durante il programma televisivo Carosello.
Oltre a rivoluzionare il marketing dell’azienda, Renato Bialetti ripensò anche l’intero assetto industriale per adeguarlo alle nuove necessità produttive. La Bialetti arrivò a produrre 18 mila pezzi al giorno, che portavano la produzione annua a circa 4 milioni.
Si stima che dagli anni Cinquanta fino a oggi siano state vendute circa 300 milioni di caffettiere.
A partire dagli anni Settanta anche per la Bialetti cominciarono i primi segnali di crisi. Il calo delle vendite e la concorrenza dei produttori di caffettiere più economiche costrinse la proprietà a cedere l’azienda. Con l’arrivo dei nuovi proprietari si diversificò anche la produzione, che non fu più incentrata unicamente sulla moka ma comprendeva anche piccoli elettrodomestici e macchine per il caffè.
Ancora oggi la moka viene riconosciuta come una delle migliori espressioni dell’artigianato e del design italiano, tanto da essere presente in due importanti musei internazionali: il MoMa di New York e la Triennale di Milano.
Dopo alcuni cambiamenti societari e la fusione con l’azienda Rondine Italia, oggi il marchio e le caffettiere Bialetti sono prodotte da “Bialetti Industrie”, società quotata in borsa dal 2007. Tuttora Bialetti possiede il 74 per cento del mercato delle caffettiere in Italia. Le caffettiere vengono prodotte in uno stabilimento in Italia (quello storico di Crusinallo è stato chiuso nel 2010) e due all’estero, in Romania e in Turchia.
Mario Dondero
"Il fotografo del Novecento".
Nato il 6 maggio del 1928 a Milano ma di origine genovese, Mario Dondero è stato uno straordinario fotogiornalista e ha lavorato molto tempo per la carta stampata.
Questo grande e “libero” artista, che ha continuato fino in fondo la sua attività, si è spento nella sua casa di Fermo (in provincia di Ascoli Piceno) il 13 dicembre del 2015, all’età di 87 anni.
Ancora adolescente, partecipa durante la guerra alla Resistenza nel Nord dell'Italia. Dopo la guerra si orienta verso un giornalismo a carattere sociale, collaborando con diversi quotidiani italiani, "L'Unità", "L'Avanti", "Milano Sera", e con la rivista "L'Ora", che lancia lo slogan "una fotografia vale 1000 parole". Mario allora fa parte del gruppo detto dei "Giamaicani", dal nome del Bar Giamaica di Milano, appuntamento di tanti artisti e intellettuali.
Nel 1955 si stabilisce a Parigi dove continuerà a collaborare sia con la stampa italiana ("l'Espresso" e "Epoca") sia con quella francese ("Le Monde", "Le Nouvel Observateur").
La frequentazione degli ambienti intellettuali parigini conduce Mario a scattare la sua celebre fotografia degli scrittori del "Nouveau Roman", che raggruppa Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, Claude Mauriac, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Samuel Beckett, Nathalie Sarraute e Claude Ollier, fotografia che secondo Alain Robbe-Grillet ha cristallizzato l'apparizione del movimento detto, appunto, del "Nouveau Roman."
Quest'epoca segna anche gli inizi di una fruttuosa collaborazione con la giovanissima rivista "Jeune Afrique" e con altre riviste dedicate a problematiche africane, collaborazione che darà a Mario Dondero l'opportunità di conoscere profondamente quel continente. Continuerà durante gli anni a frequentarlo cosi come altre zone del mondo, come l'America Latina, Cuba, l'URSS e più recentemente il Canada, nel 2000, l'Afghanistan nel 2004 con l'associazione umanitaria Emergency, e la Russia nel 2006.
Mario nel tempo ritrae e stringe amicizia con molti scrittori, artisti, attori e intellettuali, tra i quali ricordiamo Pablo Picasso, Man Ray, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Cy Twombly, Giorgio Di Chirico, Giuseppe Ungaretti, Maria Callas, Yves Montand, Léo Ferrato, Serge Reggiani, Georges Brassens, Barbara, Serge Gainsbourg, Juliette Greco, Francis Lemarque, Orson Welles, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini.
Egli è inoltre assai impegnato politicamente, e fotograferà numerosi personaggi pubblici: l'abate Pierre, Jean-Yves Gontard, Fidel Castro, Deng Xiaoping, Ahmed Bella, Hailé Séllasié, Pierre Mendès-France, Jacques Duclos, François Mitterand, Robert Badinter, John F. Kennedy, Nikita Khrouchtchev, Mikhaïl Gorbatchev, Willy Brandt, solo per citarne alcuni.
Dondero ha vissuto in Italia, a Fermo, nelle Marche, e ha viaggiato regolarmente per realizzare i suoi servizi, collaborando particolarmente con il quotidiano "Repubblica" e con "il Diario della settimana". Importanti esposizioni gli sono state dedicate in Italia e all'estero, particolarmente a Parigi nel 2006, Bruxelles nel 2009, Londra nel 2011 e a Roma nel 2014. Nel 2002, ha fatto parte della giuria internazionale del 24° Festival di cinema dei Trois Continents a Nantes (in Francia).
Mario Dondero, rifiutando gli effetti spettacolari, è stato l'autore di una fotografia umana, rispettosa del momento e della semplicità del reale. Profondamente influenzato da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson, il suo lavoro ha dunque rivelato un profondo impegno sociale. Ha firmato anche interessanti documentari per la televisione e il cinema.
Un attento testimone del XX secolo dunque che, ci auguriamo, le Istituzioni culturali italiane desiderino ricordare sempre più spesso attraverso mostre, eventi e pubblicazioni.
24/10/2017
Gae Aulenti
"La signora dell’architettura"
Nata il 4 dicembre del 1927 a Palazzolo della Stella, in provincia di Udine, Gae esce di casa presto, dimostrando una precoce volontà di autonomia. Dichiara di voler frequentare il liceo artistico a Firenze, ma resta in Toscana solo un anno. Si iscriverà invece al Politecnico di Milano. Sono gli anni Cinquanta: la Aulenti fa in tempo a frequentare la generazione di Franco Albini, Giò Ponti, Ignazio Gardella, quella che ha saputo dare all'architettura italiana una dignità e qualità europea, a un livello forse mai più raggiunto, se non in sporadici casi individuali. La città lombarda è una fucina, e Gae ne apprezza appieno le potenzialità.
Laureata nel ‘54, per qualche anno resta nell'Università, prima collaborando con Giuseppe Samonà, a Venezia, poi con Ernesto Rogers, a Milano, ma l'esperienza accademica si conclude verso la fine degli anni Sessanta. Questa interruzione provoca probabilmente due conseguenze. La prima, che la Aulenti non ha prodotto una scuola, una linea di continuità; la seconda, che si è distaccata dal gruppo a cui, sia per motivi generazionali e ambientali che per predisposizione culturale, era omogenea, cioè quello degli Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, Carlo Aymonino.
Di quel gruppo ha condiviso solo inizialmente le rigidità ideologiche ed espressive, restando fortunatamente estranea alle derive morfo-tipologiche che hanno contribuito in larga misura a ingessare la ricerca architettonica italiana nell'ultima parte del Novecento. Ciò che ha differenziato Gae Aulenti dai colleghi con cui ha vissuto il clima intellettuale della Milano degli anni Settanta (ha fatto parte, tra l'altro, della redazione della Casabella di Rogers) è stato un approccio alla disciplina fortemente, forse completamente, mediato dalla professione. Nella professione, esercitata con ferma vocazione internazionale (dall'estero le verranno i maggiori riconoscimenti, come la Legion d'Honneur conferitale da Mitterand nel 1987) i rigori man mano si stemperano, i progetti acquistano flessibilità, ricchezza di soluzioni articolate e diversificate. Affiora sempre più evidente quel particolare segno eclettico che ne contraddistingue lo stile compositivo.
L'ha aiutata senz'altro il fatto di non aver mai perso i contatti con la sua attività di designer (è autrice di alcuni pezzi evergreen, come il tavolo in cristallo con ruote di Fontana Arte) sperimentando materiali e indagando con insistenza le possibilità espressive della luce. L'abitudine a considerare quella del design come un'esperienza formativa, e non collaterale, per l'architetto, si legge anche nella cura, mai approssimativa o distratta, del dettaglio esecutivo. Le architetture di Gae Aulenti sono disegnate per essere costruite; grazie all'attenzione per l'aspetto realizzativo e tecnologico schivano la trappola del formalismo neoaccademico, la prevalenza dell'immagine, tipica di buona parte della cultura architettonica contemporanea.
Come scenografa, ha lavorato più che mai da architetto. Con Luca Ronconi ha messo in scena Euripide, Ibsen, Hofmannsthal, Pasolini, e numerose opere liriche; per il Rossini Opera Festival ha anche firmato la regia della Donna del Lago. Le sue scenografie sono vere visioni architettoniche più che semplici installazioni, e appare evidente come la riflessione specifica sui nessi tra spazio scenico e testo venga ricollocata all'interno di quella più generale su costruzione e significato.
Ma Gae Aulenti ha espresso al meglio il suo talento nella costante attività di ricerca sugli spazi espositivi: dagli allestimenti, alla progettazione di musei - come il Museo d'Arte Catalana di Barcellona e il New Asian Art Museum di San Francisco - oltre ai più noti progetti per il Museo d'Orsay di Parigi e Palazzo Grassi a Venezia.
La biografia personale della Aulenti (si sa di un breve matrimonio con un collega e di un lungo sodalizio con Carlo Ripa di Meana) appare ininfluente, messa in ombra dalla sua figura professionale. Attraverso l'eccezionale impegno speso nella costruzione della sua carriera di progettista, nel mare aperto della competizione e del dibattito internazionale (un caso isolato tra le donne architetto della sua generazione, che hanno in genere scelto il più rassicurante approdo del mondo accademico), la Aulenti ha maturato una capacità quasi mimetica di interpretare temi e luoghi cosmopoliti, in cui si esprime il suo eclettismo. “Uno dei complimenti più belli che si possa fare ad una architettura - ha affermato - è dire che sembra sia sempre esistita in quel contesto”.
"La signora dell'architettura" si è spenta a Milano, il 31 ottobre del 2012.
Enzo Maiorca
"Il Re degli abissi"
Enzo Maiorca, siciliano doc, ha dedicato la sua vita con impegno forte e costante alla salvaguardia profonda ed efficace del patrimonio marino e naturalistico, associando ad essa un grandissimo amore per lo sport acquatico che lo ha reso celebre e un riferimento negli anni per chiunque si avvicini all'arte dell'apnea o delle immersioni subacquee in genere.
Nato a Siracusa il 21 giugno del 1931, all'età di 4 anni Maiorca era già un nuotatore provetto anche se il mare fin da ragazzo gli dava un po' di apprensione; basti pensare che ha sempre ricordato nei suoi interventi quanto fosse importante avere di esso un sano timore e mai sottovalutarlo.
La sua adolescenza è attraversata, oltre che dagli studi, da una grande passione per lo sport che lo porta a cimentarsi in tantissime discipline quali la subacquea, il canottaggio e la ginnastica.
Nell'estate del 1956, all'età di 25 anni, Enzo Maiorca legge un articolo in cui era illustrato il nuovo record di profondità stabilito dalla coppia Falco-Novellini stappato al leggendario Bucher, e questo fa scattare in lui la voglia e il desiderio di cimentasi in quel tipo di competizioni.
Inizia quindi un duro percorso di allenamenti che lo portano 4 anni più tardi a toccare quota -45 metri battendo così il record di allora che apparteneva al brasiliano Amerigo Santarelli.
Ha inizio dunque una grande era di continue sfide sportive di profondità, che dapprima lo portano a rivaleggiare con il brasiliano fino al 1963, anno del suo ritiro, poi per un anno non ha rivali significativi e stabilisce altri due record -53 metri e -54 metri.
Nel 1965 spuntano nuovi campioni quali Teteke Williams, Robert Croft e il francese Jacques Mayol, che sarà il suo più acerrimo rivale fino al 1988, quando Maiorca stabilirà la quota di -101 metri e il francese andrà a -105 metri.
È importante ricordare che Enzo Maiorca è stato il primo uomo a scendere oltre i -50m, al di sotto dei quali il dottore francese Cabarrou riteneva che l'uomo non sarebbe potuto arrivare: il siciliano con le sue imprese lo smentì clamorosamente.
Mentre si dedica a queste attività allena e segue le figlie Patrizia e Rossana guidandole a strepitose imprese sportive al femminile di apnea profonda.
Nel 1964 riceve dal Presidente della Repubblica Antonio Segni la Medaglia d'Oro al valore atletico.
Nel giugno del 1990 partecipa a degli esperimenti presso il centro di fisiologia e patologia dell'immersione dell'Università di Buffalo, negli Stati Uniti.
L'11 giugno 1993 è protagonista nel ritrovamento del sommergibile Veniero scomparso nel 1925.
Nel 1994, nel corso della XII Legislatura, è stato senatore della Repubblica nelle file di Alleanza Nazionale e in questa sede, spinto dal suo grande amore per la natura, ha cercato di difendere con costante impegno le ragioni per una salvaguardia profonda ed efficace del patrimonio marino e naturalistico.
Nel 2006 ha ricevuto la Medaglia d'Oro al merito di Marina per il contributo fornito allo sport e per la difesa dell'ambiente.
Inoltre, durante la sua carriera, ha ricevuto il Tridente d'Oro di Ustica, il Premio letterario del C.O.N.I. e la Stella d'Oro al merito sportivo sempre, del C.O.N.I.
Di nota anche la sua esperienza letteraria con la pubblicazione di tre libri: "A capofitto nel Turchino", "Sotto il segno di Tanit" e "Scuola di apnea".
La grande avventura di Maiorca ha reso l'apnea un meraviglioso viaggio e, con le sue imprese, si è reso riferimento per tutti gli appassionati che si avvicinano al mare sportivo con la grande voglia di esplorare ed esplorarsi.
“Il Re degli abissi” si è spento nella sua Siracusa il 13 novembre del 2016, all’età di 85 anni.
Una sala dedicata a Franco Califano nel museo civico di Ardea
Si trova al km 31,500 della via Laurentina. È aperta al pubblico il primo sabato di ogni mese. È la sala-museo dedicata a Franco Califano, indimenticato interprete di grandi successi della musica italiana, scomparso il 30 marzo 2013 e sepolto nel cimitero di Ardea. Inaugurata in occasione del primo anniversario della scomparsa del “Califfo”, la sala - curata dalla collaboratrice ed amica di Califano Donatella Diana - custodisce i ricordi di tutta una vita. Visitarla vuol dire entrare nel mondo di uno straordinario cantautore che ha fatto sognare tre generazioni di italiani.
In questa sede, sabato 1 aprile 2017 il candidato al Nobel per la letteratura Prof. Pierfranco Bruni ha tenuto la prima
“lectio magistralis” dedicata al cantautore romano, nel quarto anniversario della morte, presentando al pubblico, attraverso l’analisi della scrittura e del linguaggio dei suoi testi, l’altra
faccia del maestro “Califano”.
6/10/2017
Sylvester Stallone
Sylvester Stallone: attore, sceneggiatore e regista, icona dei film d’azione degli anni ‘80 e ‘90. Interprete di due personaggi che hanno segnato la storia del cinema, Rocky Balboa e John Rambo, dal 1984 figura tra le star della celebre Hollywood Walk of Fame.
Nel 2018 tornerà sul grande schermo con Creed 2.
Michael Sylvester Enzio Stallone nasce in una famiglia povera - il padre è barbiere, figlio di emigranti italiani (da Gioia del Colle, nel barese), la madre astrologa, anche lei figlia di immigrati - in uno dei quartieri più malfamati di New York, l'Hell's Kitchen, il 6 luglio del 1946.
In seguito si trasferisce a Silver Spring, nel Maryland. Dopo il divorzio dei genitori va a vivere con il padre, un uomo molto severo, e colleziona una serie di disastri scolastici. Le cose cominciano ad andargli meglio verso i quindici anni, quando va a vivere a Philadelphia con la madre e il suo nuovo marito e inizia a frequentare la Deveraux High School, dove si mette in evidenza con la squadra di football. E' qui che muove anche i primi passi sul palcoscenico, partecipando alle rappresentazioni scolastiche. Dopo il diploma, grazie ad una borsa di studio sportiva, trascorre due anni all'American College of Switzerland di Ginevra ma non termina il corso di studi.
Deciso a intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo, torna in America e si iscrive all'Università di Miami per studiare Arte drammatica ma, nel 1969, lascia il college prima di laurearsi e decide di proseguire la carriera d'attore a New York, effettuando molte audizioni, ma con scarso successo. Fa diversi mestieri per mantenersi e partecipa ad alcune produzioni ma, deluso per le poche opportunità che gli vengono offerte come attore, cambia nuovamente idea e si dedica alla scrittura di sceneggiature, con la speranza di sfondare nel mondo del cinema. Si dedica quindi ad un'infinità di lavori tra cui il pizzaiolo, il guardiano dello zoo e l'usciere al teatro Baronet. Il suo esordio come attore avviene nel 1970 con il film hard-core "The party at Kitty and Stud's", mentre la prima vera opportunità arriva nel 1974 con "The Lords of Flatbush".
Il successo arriva nel 1976: dopo aver visto l'incontro di boxe tra Muhammad Ali e Chuck Wepner - un pugile sconosciuto che nonostante la sconfitta è riuscito a resistere agli attacchi del “Campione” per quindici round - Sly ha un'ispirazione e in soli tre giorni scrive la storia di "Rocky". Tra i vari produttori contattati solo Irwin Winkler e Robert Chartoff decidono di scommettere sulla sua storia. L'attore si riserva la parte del protagonista, Rocky Balboa. Il film viene girato a basso costo in un mese e si rivela essere il successo dell'anno con ben 3 Oscar - miglior film, miglior regia (John G.Avildsen) e miglior montaggio - e altre sei nomination tra cui quelle per Stallone come miglior attore protagonista e miglior sceneggiatore. Il successo di "Rocky" - uscito nelle sale americane il 21 novembre 1976 - proietta quindi Stallone nell'Olimpo delle star hollywoodiane.
Per quanto riguarda la vita privata, Sylvester Stallone si è sposato tre volte. Il primo matrimonio, con Sasha Czack, una sua collega ai tempi in cui faceva l'usciere al Baronet, è durato undici anni, e da questa relazione ha avuto due figli: Sage (nato nel 1976, che ha recitato accanto a lui in "Rocky V" e "Daylight") e Seargeo (nato nel 1979). Poi nel 1985 si è sposato con l'attrice e modella danese Brigitte Nielsen. Anche questo rapporto si è chiuso con un divorzio nel 1988. Nel 1997 il terzo matrimonio, con la modella Jennifer Flavin, da cui ha avuto le figlie Sophie Rose (nata nel 1996) e Sistine Rose (nata nel 1998).
Stallone è un collezionista d'arte e sembra che si dedichi con un certo successo alla pittura surrealista. Il suo carattere generoso e altruista lo porta spesso al centro di iniziative benefiche. Con i suoi amici e colleghi Bruce Willis e Arnold Schwarzenegger ha fondato una catena di ristoranti, la "Planet Hollywood". Ha un fratello, Frank, anche lui attore ed inoltre musicista.
Nel 2016 Sylvester Stallone ha vinto il Golden Globe come "migliore attore non protagonista", sfiorando l'Oscar, con Creed - Nato per combattere, che lo vede rivestire i panni di Rocky Balboa.
All’inizio del 2018 partiranno le riprese del sequel Creed 2.
20/9/2017
16-22 settembre: "Settimana Europea della Mobilità 2017"
Anche quest'anno il Ministero dell’Ambiente aderisce alla "Settimana Europea della Mobilità", condividendone gli obiettivi, svolgendo un ruolo di coordinamento nazionale e di supporto delle iniziative e degli eventi attuati da Comuni e associazioni, nonché promuovendo la partecipazione attiva dei cittadini e specifiche azioni a carattere nazionale.
Per l’edizione 2017 è stato scelto come focal theme “Mobilità pulita, condivisa e intelligente”, cui si accompagna lo slogan “Condividere ti porta lontano”.
Per poter guardare concretamente al futuro, si impone quindi una tanto necessaria quanto non più rinviabile riflessione in merito all’elaborazione di una nuova cultura della “mobilità sostenibile”. E' nel rapporto ambiente, città e trasporto che si gioca infatti gran parte del futuro dell'umanità. Negli ultimi cinquant'anni ci siamo abituati a utilizzare un'auto a testa, alimentata a benzina o gasolio. Ma questo modello non può proprio più funzionare.
15/9/2017
Alessandro Alessandroni: il “fischio” del western all’italiana.
Ripercorriamo la vita e la carriera del maestro Alessandro Alessandroni, noto al grande pubblico come il “fischio” degli spaghetti western. Un'avventura artistica tra note e immagini.
Nato a Roma il 18 marzo del 1925, Alessandro Alessandroni è cresciuto nella città di Soriano nel Cimino, 40 miglia a nord della Capitale.
Il barbiere di famiglia era un luogo d'incontro favorito dai talenti locali. "Avevamo gli strumenti; una chitarra, un mandolino ed una mandola. Non facevamo molti affari. Ma facevamo molta musica!", amava raccontare.
Apprezzato per il suo grande contributo alla musica che ha caratterizzato il cinema italiano, specialmente i film Western di Sergio Leone, la storia del giovane musicista Alessandroni comincia nella tradizione folkloristica della sua regione nativa, il Lazio. Con l'aiuto di un amico che suonava la chitarra, Alessandroni infatti imparò i concetti base. A 13 anni comprò il suo primo mandolino e dedicò parecchio del suo tempo all'ascolto della musica classica.
Non ci volle molto per imparare bene lo strumento. Nel periodo degli ultimi anni di liceo, formò una banda con la quale suonava nei locali da ballo il sabato sera. Scoprì i piaceri della musica, del denaro e dell'avventura, "saltando da un’influenza all'altra", "da uno strumento all'altro": fisarmonica, chitarra, basso tuba. Poi scoprì il Jazz ed il sax tenore.
Questo fu il suo ingresso nel mondo della musica. Accidentalmente, Alessandroni scoprì inoltre di avere una straordinaria capacità di fischiare, cosa che spesso ha fatto durante le sue performances. "Chiunque può fischiare" diceva. "Ma è una questione di grandi quantità di fiato ed una piccola quantità di suono". Per non menzionare il tono acuto e perfetto del suo fischio. Ha girato l'Europa suonando il piano e cantando nei clubs. Di ritorno in Italia, Alessandroni ha formato il suo quartetto di cantanti personale "le 4 caravelle" partecipando ad una trasmissione nazionale molto popolare, Canzonissima. Il suo amico di infanzia, Ennio Morricone, lo invitò a collaborare al film "Spaghetti Western" di Sergio Leone "Per un pugno di dollari". Il suo caratteristico fischio divenne così una firma sonora per quella serie di Western all'italiana.
Il suo quartetto si espanse in gruppo di sedici membri rinominato "I Cantori Moderni", che diventò conosciuto per il loro suono originale e professionalità.
Alessandroni era un uomo di natura modesto, "Io sono un esecutore, non una star… le stars sono compositori come Morricone…". Ma nonostante la sua modestia Alessandroni è stato acclamato a livello internazionale per il suo enorme contributo al cinema italiano. Musicalmente, era un inguaribile romantico e un fan dei compositori Russi del XIX secolo. Credeva che la loro passione e profonda melanconia, così eminentemente riflessa nelle loro composizioni, permettesse alla loro musica di toccare le emozioni più profonde dell'anima. Fino alla fine Alessandroni ha preferito gli strumenti a corda, inclusi quelli che per primi imparò dal barbiere, il mandolino e la chitarra classica. Per lui, il loro ricco tono melodico avevano la singolare capacità di vibrare insieme alle intime complessità del cuore umano. Alessandroni è stato anche un suonatore virtuoso di sassofono, sitar, fisarmonica e tastiere.
Ma come egli stesso ammetteva, "di tutti gli strumenti che ho suonato, c'è n'è solo uno che sento veramente mio, la chitarra".
Gli interessi musicali di Alessandroni sono stati dunque molto eterogenei. Ha avuto una curiosità molto sviluppata circa gli aspetti kaleidoscopici della musica ovunque. Il suo dono speciale è stato l'abilità di integrare influenze musicali da tutto il mondo nelle sue composizioni, arrangiamenti ed esecuzioni. Questo musicista professionista, dai modi calmi e di chiara eleganza, inoltre si è contraddistinto per una semplicità d'animo che si è riflessa nel suo amore per la vita, nel suo acuto sense of humor e, non per ultimo, nella sua musica.
Il Maestro Alessandro Alessandroni si è spento a Roma il 26 marzo del 2017, all’età di 92 anni.
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